Già, top player, questa locuzione anglofona sempre più presente nel mondo del calcio, ma di non facile inquadramento. Di certo non si può considerare tale Pazzini -comunque un buon giocatore- e i mugugni del popolo rossonero al termine del calciomercato erano, se non condivisibili, quantomeno comprensibili. L’esordio in campionato e in Champions’ ha acuito le paure di coloro che guardavano con diffidenza la stagione del Milan. Le sconfitte con Sampdoria, Atalanta, Udinese, il pareggio casalingo con l’Anderlecht, inframezzati da una vittoria non convincente a Bologna, facevano giustamente presagire il peggio.
Per uscire da una crisi così, ci sarebbe voluto un intervento trascendentale. Quale intervento migliore che quello di un faraone; o meglio, del Faraone di Milanello. Al secolo Stephan El Shaarawy, nato e cresciuto in Liguria, ma con il sangue per metà egiziano. Già nel buio più totale (vale a dire a Udine) il suo gol è stato un raggio di sole: una bomba dalla distanza colma di rabbia e frustrazione per il momento negativo. Di lì in poi il Milan è uscito dall’anonimato trascinato dal suo numero 92: non più un “semplice” Faraone, ma Ra in persona. Ebbene sì, il Dio del sole egizio: a suon di gol Stephan ha riportato a far splendere il sole a Milanello.