Le verità che fanno male perciò sono due e non solo una: partiamo proprio dallo stadio. Quella tana bollente in cui tutte le squadre italiane si ustionano la Domenica, ieri sembrava poco più di un campetto di periferia, freddo e vuoto. La peggiore accoglienza possibile che la Juve potesse aspettarsi, e non di certo il miglior biglietto da visita da esportare nel territorio europeo, dove le bolge delle varie Dortmund, Istanbul, Glasgow, Londra, Lisbona (solo per citarne alcune) fanno impallidire il pubblico torinese di ieri. Una politica di prezzi palesemente errata ha regalato alla Juve un ritorno in Champions’ tanto atteso, quanto desolante.
Le note dolenti per il movimento calcistico italiano, però, arrivano dal campo. Chiellini l’aveva detto che “lo Shakhtar è una squadra sottovalutata e sarà difficile vincere“; su questo non ci piove. Chi considera le squadre dell’Est Europa ancora arretrare nient’altro è che un retrogrado, e rischia solo di rimediare figure barbine: per informazioni chiedere a Heynckes e al Bayern Monaco, devastati in Bielorussia dal meno quotato BATE Borisov. Il punto, però, è un altro: dover considerare guadagnato un punto ottenuto in casa contro i campioni d’Ucraina non può non far riflettere su cosa siamo e dove stiamo andando.
Lo Shakhtar Donetsk è stato per una sera lo specchio del calcio italiano, e l’immagine che abbiamo visto riflessa non ci è piaciuta per niente. Ci ha riportato alla realtà, e forse anche un pò spaventato. La convinzione di poter recuperare posizioni nel ranking UEFA e di conseguenza altri posti in Champions’ League al momento sembra dover restare una pia illusione. La domanda sorge spontanea: se la Juve, che in Italia ha pochissimi rivali, fa così fatica con lo Shakhtar, cosa ci possiamo aspettare dalle altre italiane? In attesa delle loro risposte sul campo, è inevitabile porsi queste domande, sperando che il risultato di ieri sia stato frutto di casualità, e non quella dolorosa verità, che “ti fa male, lo so“.