Che la Juventus fosse la squadra da battere, lo si sapeva e l’abbiamo già scritto su queste stesse pagine. Che il Napoli sembrasse la rivale più attrezzata tra le altre big, idem come sopra. Ma che la Lazio potesse essere a punteggio pieno dopo tre giornate, vincendo e convincendo sia in casa che fuori (già due le vittorie fuori casa per i biancocelesti), no, nessuno l’ha detto e nessuno, in effetti, poteva immaginarselo.
Dall’altra parte del Tevere, invece, le cose non vanno così bene. La Roma di Zeman, come previsto, eccelle quando attacca, ma atterrisce (i propri tifosi) quando deve difendersi. Il 2-3 contro il Bologna all’Olimpico è figlio di questo semplice teorema: primo tempo perfetto della banda-Zeman e risultato portato al sicuro sul 2-0; secondo tempo da film horror e ribaltone finale con la beffa del redivivo Gilardino al novantesimo minuto. I tifosi romanisti, però, abbiano pazienza. Il progetto Zeman è un progetto che, di norma, ha bisogno di qualche settimana per essere compreso per bene dai giocatori. Lo stesso Pescara, lo scorso anno, iniziò la stagione in maniera simile. L’unica differenza è che vincere un campionato di Serie B con i giovani è difficile ma non impossibile, mentre vincere un campionato di Serie A è cosa ben diversa. Probabilità di vittoria finale? Poche. Probabilità di far divertire durante il campionato? Tante, davvero tante.
Perché di corazzata si parla, quando si nomina la Juventus di Conte. Se anche in una giornata difficile come quella di ieri a Genova riesce a portare a casa 3 punti, non capiamo come possa perdere il campionato. Il Genoa ha giocato bene per un’ora, ha pressato alto e aggredito i portatori di palla, marcando a uomo il fulcro del gioco, Andrea Pirlo. Il vantaggio e le ripetute occasioni per andare in vantaggio (un palo, una traversa e un gol divorato da Bertolacci) non sono bastate per stendere i campioni d’Italia in carica che, inserendo i titolari Vucinic e Asamoah al posto di Matri (prova pessima la sua) e De Ceglie, nella mezzora finale non solo hanno riacciuffato il pareggio, ma hanno anche segnato altre due reti rendendo il punteggio un po’ bugiardo, per quanto visto in campo. La sensazione che si ha ogni qualvolta che si guarda la Juventus giocare, però, è quella di una squadra che, quando preme sull’acceleratore, segna. Inarrestabile.
Tutt’altro che inarrestabile è parsa l’Inter, pur vittoriosa a Torino. Due tiri, due gol. Massimo risultato con il minimo sforzo. Nel mezzo, tanto possesso palla, tanto pressing del Toro, qualche occasione sciupata da Bianchi e compagni. Tanta noia, insomma. Tre punti sono sempre tre punti e questa è una vittoria assolutamente importante per i nerazzurri guidati da Stramaccioni, specie dopo il tonfo casalingo contro la Roma. Il gioco, però, latita e niente, al momento, può far pensare ad un campionato da seria protagonista dell’Inter, che, perlomeno, se la passa meglio dei cugini rossoneri, ancora battuti in casa, questa volta dall’Atalanta.
Le colpe di Allegri, ormai, sono abbastanza evidenti, guardando il suo Milan giocare. Idee di gioco a parte (ed è già una bella colpa), è la mancanza di agonismo, carattere e voglia a lasciare perplessi. La sconfitta subita contro l’Atalanta è sembrata inevitabile fin dall’inizio della gara, come se fosse una cosa ineluttabile. E’ un Milan depresso che, prima di tutto, deve ritrovare la voglia di giocare prima ancora che un gioco vero e proprio.
Come la sua dedica finale, “per chi c’è e per chi non c’è più”. Luca Toni, numero uno.