Un azzurro un po’ sbiadito. Cantiere aperto in casa Italia
Tanto fumo, poco arrosto. Tanta voglia, poca sostanza; tanta tecnica, poca tattica. Insomma: a guardare la Nazionale pareggiare contro la Bulgaria, l’impressione è che si sia esagerato in qualcosa, e si sia andati piuttosto in confusione in qualcos’altro. Si è esagerato nel cambiare tutto e subito probabilmente; nell’affidarsi, sì, alla solita spina dorsale che proviene non dall’Europeo ma dal fortunato Mondiale 2006 (Buffon-Barzagli-Pirlo-De Rossi), ma si è probabilmente azzardato nel proporre tante novità e farlo in un match delicato, importante, contro un avversario visibilmente più in forma.
Lungi da me, però, avanzare un’accusa; lungi da me puntare il dito contro Prandelli: lui ha le chiavi dell’azzurro calcistico ed è giusto che faccia le sue scelte, lui dovrà saper plasmare, in questi due anni che ci separano dalla spedizione brasiliana, una squadra compatta, solida, tenace, forte, divertente, giovane, vincente, e l’Italia intera, quella appassionata dell’Azzurro, deve avere calma e pazienza. Però, adesso si sta analizzando quanto visto contro la Bulgaria, e senza troppi dubbi si può affermare che non è stata affatto un’Italia eccellente.
Va detto, è vero, che non siamo sembrati assolutamente i vicecampioni d’Europa, e che abbiamo sofferto particolarmente il gioco bulgaro, ma solo per una peggiore condizione atletica, e per colpa di un gruppo che deve ancora conoscersi, cementarsi. La tecnica, quella, c’è, e in pochi nel Vecchio Continente ci sono superiori. La qualità è tanta e pura: bisogna solo lavorare, duro, sodo, e fare in modo che le numerose individualità si amalgamino e formino un undici compatto, capace di unire bel gioco a una utilissima incisività. Che ha trovato, tra l’altro, in Osvaldo uno dei suoi punti di forza: il giallorosso lo aveva promesso, aveva detto agli italiani che sarebbe stato presto il suo momento, in maglia azzurra. Due gol sono la dimostrazione che aveva ragione, e bene così: ci serve come il pane un erede di Vieri, un erede di Paolo Rossi; uno, insomma, che la butti dentro e sappia farlo in ogni circostanza. Rimandato Giovinco: il 10 sulle spalle deve portarlo a fare qualcosa di più. Peccato per De Rossi, periodo sfortuato, mentre ci saranno altre occasioni per Destro, Insigne e Verratti, giovani vogliosi e talentuosi, protagonisti di un’Italia che per adesso indossa il casco da operaio, e mostra un cartello eloquente, grande così: “lavori in corso”.