La presunzione di chi vuole vincere in poltrona
Di solito i figli della presunzione vogliono primeggiare sulla massa, annientare la concorrenza e guardare tutti dall’alto in basso. Ma per essere i migliori c’è bisogno di gettarsi nella folla dei normodotati, di ridimensionarsi fino al loro livello e competere da una posizione d’equilibrio. Per questo chi ha grandi ambizioni e considerazione di se stesso in molti casi finisce per preferire l’anonimato alla gloria.
21 ore raramente cambiano il destino, nel calcio è diverso. Basta una sfumatura impercettibile, un orologio ritardato di pochi secondi, un gesto involontario e il rospo si trasforma in principe. 21 ore saranno sufficienti per far comprendere a Walter Sabatini, ma più ancora a Franco Baldini che della Roma ne è il presidente in concreto, che così non funziona? E’un interrogativo al quale, di impatto, verrebbe da rispondere negativamente. A Zeman occorrono tre calciatori: un terzino destro, un centrale e un attaccante esterno. Andarli a prendere significherebbe comportarsi come tutti quei disperati che il 31 agosto perdono le certezze e sgobbano da matti: umiliante per gli intellettuali del pallone.
Già sconfessare la precedente campagna acquisti non deve essere stato facile (e qui tra l’altro voglio aprire una parentesi perché non puoi scaricare una squadra intera senza guadagnarci un euro di cartellini), così come affrontare un mini pokerino con le tre big per Destro e vincerlo solo grazie al ritiro delle parti in causa. E poi puntellando ogni mosaico il boemo avrebbe una rosa altamente competitiva, troppo competitiva. Perché obbligarsi a vincere, o quasi, e rischiare la bocciatura dagli stupidi addetti ai lavori? Roma mica è stata costruita in un giorno.
Lo vediamo tutti che dietro a Castán e Burdisso, uno alla prima esperienza nel Belpaese e l’altro reduce da un grave infortunio, ci sono due giovani che assieme fanno un anno in meno di Totti. In un ruolo delicato, che nelle formazioni di Zeman diventa incandescente. Nella passata stagione Sabatini ammise il suo errore: a gennaio non comprò un difensore a Luis Enrique e poi se ne pentì amaramente. Sbagliando si impara? Macché. Piris e Balzaretti hanno come alternative un ultratrentenne che da ala offensiva è stato riciclato in terzino e un adolescente brasiliano più fragile del vetro. Bojan era l’unico già pronto per fungere da attaccante esterno ed è stato venduto, a una concorrente per giunta. Per Milano si parla già di Destro, Osvaldo, Totti: tre punte centrali.
Dicesi noncuranza dei dettagli, in pratica quella microscopica differenza necessaria per vincere. I due sceriffi giallorossi, presunzione a parte, sono davvero troppo intelligenti per non sapere che stanno sbagliando, per questo non li giudico dal punto di vista tecnico. Sono ben consci del fatto che i campionati non si vincono con frasi del tipo “Il progetto”, “Lo sputo simulato più che consumato”, Le angosce regresse” e cosi via. E allora? Allora tempo fino a domani: se il mercato mi darà torto sarò ben lieto di stracciare questo articolo. Altrimenti aspetterò fino a maggio: del resto sono presuntuoso anche io se voglio giudicare i non giudicabili.