Non è una storia inedita: ai più verrà in mente, per vicinanza storica e giudiziaria, Calciopoli e le recenti vicende che portarono la Juventus in serie B, ma in realtà il precedente più diretto e affine è quello del calcioscommesse del 1980, quando le camionette delle forze dell’ordine vennero a prendere i calciatori coinvolti direttamente sotto le curve degli stadi e le immagini dei tg nazionali – due, all’epoca – si affollarono di campioni in manette, finendo per scuotere, forse per la prima volta con tanta veemenza, le coscienze delle tifoserie, risvegliandole da una placida e credula età dell’innocenza.
Tra i calciatori coinvolti e poi squalificati, c’era Carlo Petrini, attaccante di seconda fascia, ma pur sempre una carriera spesa negli anni ’70 e ’80 tra Milan, Ternana, Bologna e Roma.
Scomparso recentemente, nel 2012, dopo una lunga malattia e una semicecità forse riconducibile ad abusi farmaceutici perpetrati nelle infermerie dell’epoca, Petrini tornò a far parlare di sé quando a fine anni ‘90, latitante dopo un crac finanziario legato a losche vicende, vide rivolgersi un appello disperato dalle emittenti nazionali, affinché si recasse al capezzale del giovane figlio, gravemente malato e in fin di vita. E non andò.
Da quel momento in poi, con la consapevolezza di chi non ha più nulla da perdere, Petrini racconta in questo e in successivi libri tutte le sue verità sul mondo del calcio, declinando in prima persona gli usi e gli abusi di cui fu testimone. A cominciare dalla vicenda del calcioscommesse, di cui fu protagonista, l’amicizia con Trinca e Cruciani (i due allibratori che, ridotti sul lastrico, smantellarono il sistema), facendo anche nomi e cognomi dei compagni coinvolti, raccontando i sotterfugi attuati, degni di una spy story di Le Carrè, e gli stratagemmi che consentirono ai calciatori ma soprattutto alle società più importanti (sì, se state provando ad indovinare di quale società nobile si parli nelle confessioni di Petrini, è sempre quella) di uscirne indenni. E, in alcuni casi, di ricostituirsi una verginità e una carriera che, ancora oggi, consente di occupare ruoli attivi nel panorama calcistico nazionale.
Ma non c’è solo il calcioscommesse. Petrini non si dipinge pateticamente come una vittima, non è un eroe Shakespeariano diviso tra bene e male, ma si racconta scomodamente e senza indulgenze verso se stesso, ammettendo tutto spudoratamente, come in un confessionale laico, rendendo “Nel fango del dio pallone” una sorta di wikileaks del pallone italiano. Sospetti di doping, bombe di ignara composizione somministrate prima degli incontri e giocatori che terminavano le partite schiumando bava verde. E poi il sesso senza scrupoli, in menage indifferenti ai ruoli di mogli e amanti, le corna di spogliatoio, bollenti trasferte svedesi e dirigenti compiacenti, disposti a nascondere e insabbiare. Decadenze e discese agli inferi.
Resta da chiedersi: perché Petrini dovrebbe essere credibile, uno come lui, folgorato sulla via di Damasco, dopo una vita trascorsa trafficando nelle penombre del mondo del calcio e non solo? Eppure, sarà che l’innocenza dell’opinione pubblica oramai è irrimediabilmente perduta, sarà che ancora oggi i titoli dei giornali son quel che sono, a questa domanda, pur senza prove provate, dopo la coinvolgente lettura del libro, ne segue inevitabilmente un’altra: e perché invece non credergli?
“Nel fango del dio pallone” di Carlo Petrini – Kaos Edizioni.
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