La faccia di Emanuele Pesoli ora è più serena: davanti alla Federcalcio non ci sono più le catene, non c’è più l’ombrellone che lo aveva protetto dal sole per cinque giorni e neppure gli amici di Anagni che lo avevano sostenuto durante lo sciopero della fame. È tornato a casa nel giorno di Ferragosto, provato e con la pressione ai minimi termini; dopo aver «dormito 14 ore di fila» ha fatto il percorso inverso e, anche se l’incontro con il Presidente federale Abete non era l’obiettivo della sua protesta, per il momento può bastare, in attesa della Corte di Giustizia Federale, dove lunedì pomeriggio si discuterà della squalifica di tre anni per la tentata combine di Siena-Varese del maggio 2011.
Soddisfatto a metà 80 minuti di colloquio con Abete, alla presenza anche del legale di Pesoli, l’avvocato Paolo Rodella: «Ringrazio Abete per avermi ricevuto, interrompendo le sue vacanze — ha detto Pesoli all’uscita dalla Figc —. È stato un confronto come quelli che avvengono tra padre e figlio e Abete si è mostrato molto gentile e sensibile, pur non potendo interferire sulla giustizia sportiva. È una grande soddisfazione, questa, anche se la mia protesta era volta a ottenere un confronto con chi mi accusa, che purtroppo non ci sarà».
Speranza Vorrebbe guardarli in faccia, Gervasoni e Carobbio, e sentire con le proprie orecchie quelle parole che stanno rovinando la sua vita e quella della sua famiglia: «Non mi è stato concesso di farlo, ma lunedì in aula mostrerò comunque le mie ragioni, con la grinta che ho dentro— ha aggiunto il difensore —. Voglio tornare in campo: loro, invece, se hanno il coraggio, si presentassero in aula». Il Verona lo aspetta in campo subito dopo il processo; per Emanuele, però, lunedì c’è un’altra partita da giocare, fondamentale.
[Gazzetta dello Sport]