Da Ronaldo a Pabòn: il mercatino rionale della Serie A
C’era una volta la Serie A, c’era una volta un torneo che era il più bello del mondo, il più difficile del mondo, quello in cui chiunque ambiva di giocare. C’erano una volta i Gullit e i Van Basten, i Baggio e i Maradona, i Weah e i Ronaldo; c’erano, perché ora non ci sono più. Oggi abbiamo, o avremo tra qualche settimana, i Dodò, i Matìas Fernandez, i Castàn, i Maicosuel. L’appeal di un tempo non c’è più, sparito, emigrato verso altri lidi, al di là delle Alpi, al di là del mare, al di là delle tasse. Una nuova schiera di ricconi, alimentati da petrolio e gas ha sconvolto le carte in tavola, entrando in gioco senza chiedere permesso, da perfetti sconosciuti sono diventati dei miraggi, moderni capitalisti arruffoni.
Se negli anni ’80 o ’90 avresti proposto ad un qualsiasi calciatore di emigrare in Francia o al Manchester City, questi ti avrebbe sbattuto la porta in faccia, ridendo di te, considerandoti un visionario o un perditempo, dipende dai punti di vista. Campionati, squadre, colori magicamente diventano El Doradi da conquista, visioni celestiali, alla conquista di un ipotetico West calcistico in cui le pepite d’oro pesano maledettamente quintali, in cui non comandano i sentimenti, le aspettative o il blasone, ma il sempre vile denaro. Sì, ok, detto anche con un po’ d’invidia, ma su, senza i soldini arabi un Balotelli non sarebbe mai andato al Mancheter City.
City, appunto, passato quasi di moda ormai, soppiantato da una squadra parigina che pensa di poter acquistare tutto e tutti. In parte, purtroppo è così; la Serie A non è più da tempo la terra dove scorrono pallone e gloria, dove chi gioca a calcio sogna di arrivare. Il campionato più bello del mondo, mutato ormai semplicemente nel più difficile, è passato dall’essere un punto di arrivo a un punto di partenza, una sorta di cantera, per dirla con un termine che va molto di moda in questi anni, o una palestra d’allenamento in cui diventare grandi, belli e attraenti per poi essere messi in bella vista sulle bancarelle del mercato, pronti per essere acquistati dal riccone di turno.
Una sorta di caviale con le scarpette tirate a puntino, lucidate, costosissime. Una volta eravamo noi a metter mano al portafogli, a presentare ai nostri tifosi innamorati la merce migliore, a infiammare di campioni un campionato che tutto il mondo ci invidiava. Ora, invece, siamo costretti ad aggirarci nei mercatini rionali, dove gli El Hamdaoui o i Pabòn costano decisamente di meno, dove magari capita anche che fai l’affare, ma vallo a spiegare ai tuoi clienti-supporter che a Porta Portese vendevano solo gli N’Koulou, mentre i Thiago Silva li avevi venduti poco prima, anche se a buon prezzo, nel mercato di quegli altri, dei ricconi. O che nei sogni del Van Persie di turno ci sia qualsiasi colore tranne che il il verde, il bianco ed il rosso.
Ora, non ce ne vogliano i signorini sopra citati; magari il prossimo sarà un campionato avvincente, spettacolare, divertentissimo, innovativo, sorprendente, scoppiettante ed esaltante. Ma a livello internazionale? Come si fa a gareggiare nelle varie coppe contro dei giganti? Alla chiusura del calciomercato estivo mancano ancora trenta giorni, o un mese se volete, a partire da oggi. Nei mercatini rionali la merce, quella a buon prezzo per intenderci, continua ad abbondare; hai visto mai, tuttavia, che ci scappi ogni tanto una capatina in quelli d’élite, dove è vero che i “piedi” te li fanno pagare a peso d’oro, ma è altrettanto vero che spesso l’investimento valga la spesa. Noi attendiamo fiduciosi; in alternativa al fantacalcio compreremo solamente Dodò, Castàn, Maicosuel, ecc. ecc.