Home » Zdenek Zeman, uno contro

Per alcuni un maestro, per altri un perdente di successo, per tutti Zdeněk Zeman. Uomo di sport e di vita. Ispiratore di canzoni, inchieste giudiziarie e roventi polemiche. Il suo modulo come marchio di fabbrica della giostra chiamata “Zemanlandia”, una scelta di vita e di campo. Dagli esordi con il Licata in C2 al Foggia dei miracoli dei primi anni novanta. Poi la Capitale sulle due sponde del Tevere, prima con l’ambiziosa Lazio di Cragnotti e poi con la Roma della ricostruzione di Sensi, dopo il disastro Ciarrapico. Il padre avrebbe voluto farlo diventare un medico, ma lui ha seguito la passione per lo sport instillatagli dello zio Čestmír Vycpálek, ex allenatore della Juventus. Voce rauca, riflessivo, ossessionato dal tabacco e dal bel calcio, quando nel 1998, dopo aver raggiunto uno straordinario quarto posto con la Roma, denunciò l’abuso di farmaci nel mondo del pallone,  riferendosi in  particolare alla Juventus, cominciò la sua personale crociata per la legalità e la trasparenza nel mondo pallonaro. “Il calcio deve uscire dalle farmacie”, con riferimenti non troppo velati a fatti e personaggi. Dalla serie “A” ai polverosi campetti di periferia. Pagò con la panchina. Secondo alcuni, per la “cupola” che soffocava e manovrava il nostro calcio era diventato un personaggio troppo scomodo. Da qui poche luci e molti ombre. Le avventure in Turchia al Fenerbahce, in Campania con Avellino e Napoli e in Serbia con la Stella Rossa si rivelarono un fallimento. Solo a Lecce il “Messia” ritrovò la terra promessa, anche grazie a Mirko Vucinic, esploso sotto l’egida del Boemo.

Il ritorno a Foggia dall’amico e presidente Casillo per rimettersi in discussione. I rossoneri arrivano sesti( e sfiorano i play-off) con una squadra formata da giocatori in prestito, svicolati dell’ultima ora e giovani della primavera. Il miracolo Zemaniano viene alimentato dalla coppia più prolifica dell’intero girone: Lorenzo Insigne e Marco Sau. Alcune decisioni arbitrali clamorose ( vedi Foggia-Cosenza e il gol di Biancolino) contribuiscono a far naufragare il sogno dei pugliesi. Zeman lascia. Il 21 giugno 2011 diviene l’allenatore del Pescara. L’obbiettivo stagionale degli abruzzesi è una salvezza tranquilla, da raggiungere divertendosi. Il collaudatissimo 4-3-3, alcuni giovani di talento e un allenatore in cerca di riscatto in un palcoscenico importante. Ritorna “Zemanlandia”. Il Pescara frantuma gli avversari, Insigne e Immobile realizzano una valanga di gol, Verratti dispensa assist e magie da calciatore affermato. La promozione arriva a Genova, in una piovosa domenica di maggio. Subito dopo arriva il tempo dei pensieri e delle scelte. La Roma chiama, Zeman risponde. Al cuor non si comanda. Biennale. La storia ricomincia da dove era finita.

Per il direttore sportivo della Roma, Walter Sabatini, “la migliore scelta possibile, e  non una soluzione di ripiego”. Secondo alcuni sondaggi di siti d’informazione vicini all’universo Roma, il Boemo raggiungerebbe il 70% di gradimento tra i tifosi giallorossi. Quasi un plebiscito.

Se fosse un film, bisognerebbe riavvolgere il nastro. 3 Luglio 2012, Trigoria. Nel raduno ci sono tanti giovani di prospettiva, Lamela, Bojan, Castan,Pjianic e le colonne Totti e De Rossi. Un mix di qualità e atletismo su cui modellare la propria Roma. Questa stagione potrebbe rivelarsi come un esame di maturità Zeman: correggere gli errori del passato per riprendersi la rivincita oggi. C’è la grande piazza, la solidità economica societaria, l’entusiamo dei tifosi e la voglia di riscatto.

Che rotoli il pallone. In molti non aspettano altro: fans, detrattori e  semplici curiosi. L’ultima parola come sempre spetterà al campo. Per tutti unico arbitro dei destini delle genti che popolano il nostro calcio. Per tutti meno uno. Quello contro. “La mia verità è la verità di tutti”. Appunto. Zdenek Zeman.