Il mercato dell’assurdo: Maradona diventa…Destro
Risulterò retorico e alquanto pesante, populista o quel che volete voi: ma non c’è nulla di più irritante di una pioggia di milioni di euro vista in tv che, con arroganza e strafottenza inaudite, continua a pretendere sempre di più in barba a operai e impiegati vari. La pioggia in questione è rappresentata più che degnamente dai calciatori/nababbi che, a 21 anni o ancor meno, causa venuta lunare di sceicchi provvisti di carte illimitate, credono di potersi presentare al mondo pallonaro come i nuovi Maradona o chissà chi.
In questo mercato stiamo assistendo a valutazioni che definire assurde sarebbe un banale eufemismo: giocatori che, a partire dai 42 milioni sborsati dal signorotto Al Thani nella passata estate per l’acquisto del fantomatico fuoriclasse Pastore dal Palermo, ora hanno precedenti illustri su cui basare la propria presunta importanza e valutazione, giocatori che credono fermamente di valere 30-40 milioni o giù di lì solo per essere entrati nel turbinio della nomea del ‘top player’ (nomea che francamente ritengo davvero irritante). E se un Van Persie qualunque rifiuta un club come la Juventus solo perché non vuole scendere sotto la sue pretese di guadagno di 7-8-9 (!) milioni di euro di stipendio (!), anche noi in Italia abbiamo i nostri aspiranti Maradona dei poveri.
Perché se Mattia Destro, fino a due anni fa praticamente sconosciuto e sguazzante nel limbo di calciatori da nemmeno 10 gol a stagione in squadre la cui gloria era rappresentata dalla salvezza, ora, a 21 anni, solo perché uscente da un’annata più fortunata in cui i gol sono diventati 12, si può permettere di scegliere fra il meglio del nostro pallone e pretendere cifre che lo stesso presidente del Genoa Preziosi ha definito ‘scandalose’, significa che davvero siamo caduti in un vortice di presunzione disarmante. A 21 anni, a meno che non sei Maradona (quello vero) o Messi, Pelè e altri, in teoria questo non sarebbe permesso da buona educazione e senso del dovere e di rispetto verso persone che, con 30 in più sul groppone, guadagnano al mese centesima parte (se tutto va bene) di ciò che un giovanotto così può intascare.
Sembra evidente che il calcio ormai non è più uno sport e, di conseguenza, sembra ancora più inevitabile che certi valori siano andati a farsi benedire. Ma in un periodo mondiale come questo non si può e non si deve prescindere dal buon senso, dal pudore. Bisogna ritrovare il rispetto verso chi quello sport lo rende davvero vivo e degno di esistere (i tifosi e tutto il popolo calciofilo). Bisogna tornare a trattare i giocatori come atleti e non come papponi. Basta, non si chiede di lavorare, ma almeno di comportarsi in maniera sensata. Addio calcio.