La vera «revisione della spesa» la sta facendo Massimo Moratti. Taglio degli ingaggi, rifondazione della squadra (cessione di Lucio e Forlan, in attesa della partenza di Julio Cesar, Maicon e Sneijder; Zarate e Poli non riscattati); ristrutturazione della società. Non è più tempo di versare 100 milioni di euro all’anno nelle casse dell’Inter, per ripianare in prima persona i debiti di gestione e non soltanto perché l’Uefa non lo consente più. È venuto soprattutto il momento di dare una svolta gestionale, scadenza non più differibile, nonostante la passione della famiglia Moratti per il nerazzurro sia immutata. È una storia che parte da lontano. Divenuto azionista di maggioranza del club, il 23 febbraio 1995, aveva spiegato: «Stiamo studiando il modello del Barcellona e di alcuni club inglesi, per verificare se è realizzabile l’ipotesi di un azionariato popolare in una percentuale ridotta, che possa arrivare in futuro anche all’elezione diretta del presidente del club e consentire al progetto di durare nel tempo, al di là delle persone». La storia ha detto che in Italia un progetto di azionariato popolare non è realizzabile, però, nella linea della continuità, l’Inter ha la necessità di ripartire con nuove energie, su basi che rispettino il fair play finanziario dell’Uefa.
Il bilancio 2010-2011 ha fatto registrare un disavanzo di 86,8 milioni (da tempo ripianati); quello chiuso al 30 giugno 2012 è migliore (ma di poco). Il monte ingaggi continua a pesare moltissimo: i 190 milioni del 2010-2011 sono scesi a 170, ma l’obiettivo è arrivare a quota 120-130 milioni nel 2012-2013, anche perché in questa stagione non ci saranno gli introiti della Champions League (nell’ultima annata: 31,569 milioni), traguardo fallito dai nerazzurri, dopo dieci anni di presenza ininterrotta (ultima assenza: 2001-2002).
Tutto questo avviene, mentre per le regole del fair play finanziario è necessario aumentare gli introiti, per avere più denaro da investire. Serve un rilancio del marchio, anche se in Italia la legge che li tutela è ben lontano dall’essere approvata, mentre si è fatta strada negli ultimi tre mesi l’idea, peraltro non nuova, di verificare se esiste la possibilità di un ingresso di un azionista di minoranza, che potrebbe arrivare da Oriente. La Russia non sembra al momento una strada percorribile; ci sarebbe un interessamento del presidente della Mongolia in persona; la tournée di maggio in Indonesia si è trasformata in una base interessante sulla quale lavorare. L’opzione migliore resta quella della Cina, dove l’Inter gode di grandissima popolarità (come la Pirelli, sponsor nerazzurro dal 1995), come si è visto in occasione delle due Supercoppa di Lega (2009 e 2011) e dove sono attivi gli Inter campus. Il viaggio di lavoro di fine maggio ha consentito al presidente di verificare le possibilità di aprire le porte ai cinesi. In parallelo, aumenta la voglia di costruire un nuovo stadio, e in questo caso la mossa decisiva potrebbe arrivare dalla China Railway Construction Corporation, dopo l’incontro fra Moratti e il presidente della Crcc, Meng Fengchao. Il progetto-stadio è nel cassetto morattiano, ma i tempi di realizzazione non saranno brevi: almeno un anno dal momento della firma per avviare la costruzione del nuovo impianto; due anni (abbondanti) per la realizzazione. In ogni caso si andrà oltre il 2015, l’anno dell’Expo, però un nuovo impianto diventa strategico per dare solidità al club.
Anche in questa estate tormentata, Moratti non è rimasto fermo. Ha preso Palacio, Silvestre e Handanovic, spendendo meno soltanto della Juve e ieri è arrivato il quarto acquisto: Gaby Mudingayi, 31 anni da compiere il 1° ottobre, acquistato dal Bologna con la formula del prestito con diritto di riscatto (750 mila euro). Julio Cesar potrebbe sistemarsi in queste ore al Palmeiras (il mercato brasiliano chiude domani); Castaignos sta per essere ceduto al Twente per sette milioni. Restano da definire le posizioni di Maicon e di Pazzini, perché questo è il momento delle dismissioni, prima di procedere a nuovi investimenti per completare la squadra. Non è più tempo di Ronaldo, perché sono passati quindici anni dal luglio 1997, quando la Fifa diede il via libera all’acquisto del brasiliano per 51 miliardi di lire. Un investimento che ha cambiato la storia nerazzurra, ma questo è il tempo di scelte responsabili, in un programma di rinnovamento, che impegnerà tutti. L’idea di costruire una squadra che sappia tornare in alto è ancora forte.
[Corriere della Sera]