Pato e Allegri: non tutto il male vien per nuocere

Non tutto il male vien per nuocere. Per carità, se perdi due campioni come Ibra e Thiago diventa difficile pensare a qualcosa di positivo: sicuramente i tifosi rossoneri non staranno facendo salti di gioia, ma nelle difficoltà si trova sempre una nuova strada. E’ la storia del calcio. E’ la storia della vita.

Il prossimo Milan potrà ritrovare in pieno due protagonisti che, per ragioni inverse, nell’ultima stagione si erano un po’ defilati. Stiamo parlando di Pato e Allegri: potenziale campione da 30 gol a stagione e allenatore pieno di idee. Partiamo dal brasiliano, quello che forse trarrà i maggiori vantaggi dalla cessione di Ibrahimovic. Il genero di Berlusconi non ha mai espresso il meglio di sé con lo svedese accanto; la presenza di un uomo ingombrante, da cui dipendeva l’intera manovra offensiva della squadra, era problematica per lui. Anche Pato doveva lavorare per lo “zingaro”, girandogli intorno e cercando di sfruttare le sue invenzioni. Compito poco idoneo alle reali caratteristiche del numero sette.

Ricordate il finale del primo campionato targato Allegri? Il Milan prese il sopravvento nelle battute conclusive, paradossalmente durante la squalifica di Ibra. Pato giocava da prima punta: il suo ruolo ideale. In quella posizione può sfruttare un senso del gol micidiale, la bravura di muoversi sulla linea del fuorigioco e di arrivare un secondo prima sulla palla rispetto al suo diretto marcatore. Proprio come faceva un certo Sheva. Il Papero ha tutto per sfondare da finalizzatore, da uomo che conclude l’azione avviata dai compagni con ogni mezzo possibile, dal gol di rapina a quello di alta fattura tecnica.

E Allegri? Nel tira e molla con la Juventus si era perso: troppo pigro mentalmente, troppo gestore e poco allenatore. Il primo Max fu una soddisfazione per il popolo di San Siro, pensava calcio e inventava nuove posizioni per i suoi ragazzi. Basti gettare uno sguardo alla valorizzazione di Boateng, di Abate, di Robinho e, per ultimo, di Nocerino. Poi, si può capire il perché, è nato un Milan Ibra – dipendente, palla avanti e segno della croce per tutti, una somma di individualità con un’eccezione che spiccava sopra il resto del gruppo. Lo svedese ti fa vincere ma ti uccide il pensiero, ti toglie la creatività, il gusto di studiare le soluzioni migliori per dominare l’avversario.

Adesso la storia sarà diversa: Allegri è l’anello di congiunzione tra il Milan di inizio millennio e quello della ricostruzione economica che andrà in scena da quest’anno. La società ha puntato su di lui, lo ha assecondato in varie scelte, ha rivoluzionato drasticamente fidandosi delle sue capacità. Può costruire una squadra dinamica, che gioca un bel calcio, una squadra in cui il collettivo prevale sul singolo. Senza Ibra, ma con un Pato in più: in questo momento è dura sorridere ma, statene certi, la tempesta passerà.