Borini via? Non è scelta tecnica
Ventisei presenze, dieci reti, un rendimento sempre costante. Fabio Borini non è stato una meteora per la causa romanista: arrivato dal Parma quasi come oggetto misterioso, l’attaccante classe 91 ha finito col conquistare l’intero ambiente giallorosso. Rappresentava una scommessa di Walter Sabatini, lungimirante come spesso gli capita con i giovani talenti, ha fatto innamorare la Curva Sud per il suo stile guerriero ed è fuggito via.
Destro o non Destro, sacrificare un calciatore così sembra una sciocchezza incredibile, un errore troppo lapalissiano per credere che si sia consumato davvero. Qualcuno ha detto che Borini non era adatto per il gioco di Zeman: meglio che cambi sport. Un attaccante duttile, agile, propenso al sacrificio, freddo sotto porta e, soprattutto, giovane e quindi migliorabile. Esiste di meglio per gli schemi del boemo? Come se non bastasse, una smentita alle voci infondate è arrivata proprio ieri: “Borini? Peccato, mi piaceva molto. Speriamo che lo sostituiscano a dovere”. Le parole sono del mister giallorosso…
Scelta tecnica della dirigenza? Non ne siamo convinti. Come già affermato sopra, l’ex Chelsea era una scommessa di Walter Sabatini, una scommessa stravinta. Perché sconfessare una delle migliori intuizioni di un anno da cancellare? Proviamo a ipotizzare motivazioni differenti alla base di questo divorzio, ragioni che dipendono in grandissima parte dal carattere di Borini. Il diavoletto Fabio non era inserito alla perfezione nello spogliatoio: troppo maniacale nella cura di ogni dettaglio, troppo secchione per lasciarsi andare alle leggerezze che, inevitabilmente, in un gruppo di ragazzi capitano sempre. Quando Totti e compagni, a fine 2011, cenarono in un noto locale romano, terminando la serata abbastanza tardi, il 21enne rifiutò l’invito; era presente l’intero gruppo, tranne lui. Ma non solo: interpellato dai cronisti sulle ore piccole dei compagni, Borini disse che “la sera sarebbe meglio restare a casa”.
L’uscita, ovviamente, non fece piacere al resto della truppa. Questo spiega perché l’attaccante, nonostante i successivi sforzi, non sia mai riuscito a inserirsi pienamente nelle dinamiche interne di Trigoria. Passiamo dunque alla seconda ipotesi: il fascino della Premier League. Fabio è molto inglese, sia nel temperamento che nel modo di interpretare le partite; gli anni al Chelsea sono stati importantissimi per la sua crescita, lui stesso li ha sempre ricordati con una punta di nostalgia. Si è presentato ad Anfield Road con un entusiasmo dilagante e senza il minimo disappunto per la fine dell’avventura a Roma. Non sembrava un ragazzo tradito, sembrava semplicemente un ragazzo che ha scelto.
Il calcio italiano perde un talento di tutto rispetto, un nome che sentiremo molte volte nei prossimi anni: Zeman spera di consolarsi con Destro, nel frattempo rimpiange l’opportunità negata. Good luck Fabio!