I “Bidoni del calcio”: Vratislav Gresko

Se Sky ha la sua rubrica “I Signori del calcio”, noi di MondoPallone vi offriamo la risposta irriverente e un po’ casereccia, “I Bidoni del calcio”. Qui non si narrano gesta epiche, gol da ricordare o spirito guerriero; in poche righe si raccontano carriere improbabili, reti mai arrivate, disastri inenarrabili. Protagonisti del mondo del calcio non per forza scarsi, ma che, arrivati in Italia, non hanno dato il massimo, o per meglio dire, hanno fatto davvero schifo. La lista è lunga, abbiate pazienza, seguiteci e ricordate: bidone si nasce, non si diventa!

Nel girone interista dei calciatori dannati, il nome di Vratislav Gresko occupa senza dubbio uno dei primissimi posti, anzi… Suo malgrado, l’ex terzino slovacco è entrato ormai nel libro nero dei bidoni della storia del club meneghino, marchiato a vita come l’antieroe nerazzurro per eccellenza, colui che non deve essere mai e poi mai nominato in club e circoli di fede morattiana. Dici Gresko, dici 5 maggio: per molti il giornus horribilis della storia recente del calcio interista, per altri una delle maggiori godurie della loro vita sportiva, per il nostro Vratislav l’inizio di un incubo e l’inizio inesorabile della fine della sua carriera.

Il nostro biondo calciatore muove i suoi primi passi calcistici in patria, prima nella sua città natale, Tajov e poi nel Dukla Banská Bystrica. Ancora giovanotto si trasferisce nella capitale slovacca, Bratislva, dove il destino gli indica per la prima volta il nome che diventerà la sua dannazione: viene ingaggiato dall’Inter di Bratislava, un segno che, detto a posteriori, avrebbe dovuto mettergli la famosa pulce nell’orecchio. Dopo un paio di anni caratterizzate da buone prestazioni in maglia giallonera, Gresko si trasferisce in Germania, acquistato dal Bayern Leverkusen, una squadra quella dell’aspirina che tra le fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio andava forte sia in Europa che entro i confini nazionali. Alla “BayArena”, però, il calciatore rimane una sola stagione per merito o per colpa di Marco Tardelli; l’allora allenatore della nazionale Under21 italiana rimane folgorato come San Paolo sulla via di Damasco dalla corsa, dal dribbling e dalle accelerazioni di quel biondo terzino, che impressiona tutti durante l’Europeo di categoria, tanto che viene paragonato da subito a Roberto Carlos.

Tardelli lascia da lì a poco la panchina degli azzurrini per sedersi su quella nerazzurra dell’Inter; ancora ammaliato dal nostro Vratislav convince il presidente Moratti ad acquistarlo per la cifra di 14 miliardi di lire. Con grande soddisfazione, Gresko sbarca a Milano, sponda interista, quella originale stavolta, non l’Inter in cui aveva già giocato nella sua Slovacchia. Il nuovo allenatore punta molto su di lui, mandandolo subito in campo contro la Roma, match in cui il giovane calciatore si da un gran da fare, fornendo un assist e giocando sostanzialmente un buon incontro. In casa meneghina sembrano tutti soddisfatti, felici per aver finalmente risolto l’annoso problema del terzino sinistro; fuoco di paglia: il resto della stagione non mantiene le promesse iniziali, contraddistinta da alti e bassi, per un’annata complessivamente al di sotto delle aspettative della squadra. La stagione successiva si presenta come quella della svolta nel clan nerazzurro: a “San Siro” arriva Hector Cuper, l’Hombre Vertical, colui che ha condotto per due anni consecutivi il piccolo Valencia in finale di Champions League, tra parentesi perdendole entrambe. Inizia il campionato e l’Inter va come un treno: vince e convince, fino alla penultima giornata, fino a domenica 5 maggio.

La data è ormai storia: ogni tifoso interista l’ha maledetta, l’ha tolta dal calendario, l’ha cancellata dalla memoria. La squadra interista si presenta allo stadio “Olimpico” di Roma in testa alla classifica, con pochissimi punti di vantaggio sulle inseguitrici Juventus e Roma. Di fronte c’è la Lazio, società e tifoseria amica: tutto lascia presupporre che sarà una passeggiata per Vieri e compagni; in effetti così sembra visto il vantaggio interista, ma Poborsky spegna la gioia iniziale; ancora Di Biagio per l’Inter, ma ancora il ceco pareggia, sfruttando al meglio un retropassaggio errato di chi? Ma del nostro Gresko naturalmente: uno pseudo appoggio di testa verso Toldo che rimane a metà strada, facile preda del quasi connazionale Poborsky che segna il 2-2. E’ l’inizio della tragedia, terminata 4-2 per i capitolini, con lo scudetto alla Juventus e l’Inter addirittura ai preliminari di Champions, superata anche dalla Roma. E’ l’inizio dell’incubo per Vratislav: i tifosi ce l’hanno con lui, accusato di aver fatto perdere lo scudetto all’Inter, tanto che Moratti è costretto a girarlo in prestito al Parma, dove rimane sei mesi sostanzialmente ingiudicabili.

Viene acquistato dal Balckburn, ma nonostante i tre anni passati con la maglia dei Rovers, periodo durante il quale subisce anche un brutto infortunio, la sua carriera non riprende quota; gli ultimi anni li passa in Germania, tra Norimberga e Bayer Leverkusen. Appende le scarpette al chiodo nel 2009, all’età di 32 anni; l’assurdo è che la stessa esperienza, quella cioè di perdere un campionato all’ultima giornata, l’aveva già vissuta ai tempi dell’altra Inter, quella di Bratislva; una sorta di presagio o avvertimento non colto da Moratti, ingannato da Tradelli che stravedeva per un calciatore complessivamente non tra i peggiori che abbiano mai calcato i campi della nostra Serie A, ma ammantato eternamente di quel cono d’ombra che nella storia del calcio italiano verrà per sempre ricordato come il 5 maggio.