Trent’anni dopo. È sempre Mundial ’82
E così sono passati trent’anni. Di mezzo, ci sono stati Baggio e le Notti Magiche, Sacchi e i rigori alti sulla traversa, Cannavaro e Buffon e un’altra Coppa del Mondo, ma nulla che chi abbia vissuto quei giorni possa ricordare con altrettanta emozione, statene certi.
E se vi sembra retorico affermare che quella dell’82 è un’Italia intera che oggi non c’è più, affacciatevi al balcone, guardate nei campetti, nei piazzali, sotto ai piani piloty, negli spazi improvvisati dove sciamavate dietro ad un pallone e ditemi se oggi si vede l’ombra di un portiere volante o quand’è stata l’ultima volta che siete stati svegliati durante la pennichella dall’urlo “e passala, non fare tutto da solo!”
Zoff, Gentile, Cabrini, Oriali, Collovati, Scirea … ma già all’altezza del libero – o centrale difensivo, come da nomenclatura successiva all’abolizione del retropassaggio al portiere – è partito quel film della memoria che srotola le immagini dell’urlo di Tardelli, di Pertini a braccia alzate verso il cielo, di Dino Zoff che alza la Coppa, di Enzo Bearzot portato in trionfo e della gioia dei tifosi nella prima vera festa nazionale di popolo, da Palermo ad Aosta in carosello sull’utilitaria tricolore, tra Inni d’Italia riemersi per l’occasione dal confinamento in caserma, manifesti listati a lutto della Germania (Ovest, all’epoca) e paginoni leggendari dei quotidiani sportivi in edizione notturna. Quella sera dell’11 luglio 1982, nacque anche un modo di festeggiare.
Conti, Tardelli, Rossi … e quando si nomina Pablito, sullo schermo della memoria filtra il raggio di luce caravaggesco che illumina la stella prediletta del Mundial ’82. Paolo Rossi, centravanti che più centravanti non si può, magrolino e opportunista, ragazzo prodigio del Lanerossi Vicenza e fiore all’occhiello della Nazionale arrivata quarta in Argentina, appena riemerso da due anni di squalifica, il pulcino bagnato che decise di resuscitare nel giorno in cui l’Italia avrebbe dovuto salutare il Mundial per opera del fortissimo Brasile di Zico, Falcao, Junior, Cerezo ed Eder (quello delle “bombe” a 120 all’ora), piazzando una tripletta miracolosa. Il capolavoro di una vita, irripetibile.
Antognoni, Graziani … Antognoni che saltò la finale lasciando il posto a quel baffone diciottenne di Zio Bergomi e Graziani che dopo dieci minuti lasciò il posto ad Altobelli per un finto infortunio (e c’erano solo due sostituzioni, non di più). Senza dimenticare Bruno Conti che si dribblò tutti i difensori del torneo, Gentile che Marca Maradona e Zico, Oriali martirizzato da Stielike, il bel Cabrini dopo il rigore calciato fuori e tante altre immagini di una gioia calcistica irripetibile.
In panchina sedeva Enzo Bearzot, che raccontò quell’impresa nel libro scritto dal giornalista Gigi Garanzini “Il romanzo del Vecio”. Per chi volesse ricordare lui e quei giorni. O scoprire quell’Italia.