E le Dolomiti si colorano d’azzurro: da quassù, dalla Val di Sole, riparte la sfida internazionale di Aurelio De Laurentiis, proprietario di un Napoli senza più confini. Elettrico lo è, il patron azzurro. E abbraccia con lo sguardo e con le sue parole accorate il cerchio di tutto l’orizzonte calcistico.
Presidente, in questo panorama di crisi finanziaria il Napoli è diventato modello: anche Milan e Inter hanno rivisto un certo cliché?
«Noi abbiamo sforato i primi due anni, ma già in Serie B eravamo in utile. Abbiamo sposato fin dalla prima ora il fair play finanziario. Il mio obiettivo è sempre stato quello di allargare i confini della futuribilità, ma per far questo Fifa e Uefa devono avere solo un compito istituzionale e non assorbire i guadagni che noi riusciamo a produrre. Penso ai campionati europei: alla Federcalcio italiana è andato solo il 15 per cento degli introiti, mentre alle singole società sono stati destinati solo i cosiddetti “gettonini di presenza” che pure sono stati innalzati tramite il lavoro dell’Eca (l’associazione dei club europei, ndr, di cui Rumenigge è presidente».
Ma qual è per lei il prossimo passo in questa vostra politica centrata sui giovani?
«L’educazione e l’etica. Bisogna riscrivere un nuovo contratto con le associazioni dei calciatori. Non possiamo più assistere all’operato di certi procuratori. Che creano aste in itinere e mercati paralleli tra società interessate ad un atleta: si accentuano così aspettative nei calciatori solo finalizzate al guadagno e si acuiscono situazioni nel tempo insostenibili tra club e calciatori».
Lei ha detto che la normalità del Napoli sarà far divertire la gente e lottare ad alta quota giocando alla pari con tutti: è questo il salto di qualità che insegue?
«Lo otterremo migliorando anche la difesa, anche se abbiamo dei portieri fortissimi. Spesso dimentichiamo tutti i quasi gol parati dai portieri. Noi ne abbiamo tre molto bravi: uno carismatico come De Sanctis e un altro, come Colombo, si è rivelato pure di grande personalità ed educazione».
Cos’è cambiato nel rapporto sempre più stretto con Mazzarri?
«Lui è un uomo all’antica con un occhio al futuro. Poche parole, grandi valori. Se io dovessi cominciare a giocare a calcio, e non è mai troppo tardi, sono sicuro che con lui, che è un vincente, imparerei».
Con un anno di esperienza in più tutta la squadra è destinata a far bene: saranno Hamsik e Pandev i nuovi trascinatori?
«La squadra è un corpus unicum. Da tutti mi aspetto un atteggiamento coinvolto nello spirito, con la mente e il fisico».
L’obiettivo per lei più importante per la prossima stagione?
«L’avevo detto la scorsa stagione e lo ripeto: dobbiamo rientrare tra le prime cinque del campionato. Il problema è che la qualità del nostro calcio si è così elevata che oggi è difficile vincere anche con le squadre meno blasonate. Non ho un obiettivo in particolare, cercheremo di ottenere il meglio da tutti i fronti. Vorrei arbitri come quelli dell’ultimo Europeo, che facciano giocare, che non riducano il nostro calcio a vignetta: più autorevolezza, meno autoritarismo. Mi piacerebbe che laddove sono commessi errori arbitrali macroscopici, vi sia la possibilità di compensarli senza pregiudicare la classifica dei club che ne rimangono vittime».
Insigne e Vargas (acquistato la scorsa stagione quale vice Lavezzi per 12 milioni) sono talenti con una grande chance davanti,masono pronti per giocare da protagonisti da subito?
«Se avranno la fiducia di Mazzarri, se il nostro allenatore li impiegherà costantemente, questi due sono certo che dimostreranno
tutto il loro valore e saranno riconoscenti in chi ha creduto in loro».
Sul mercato, al momento opportuno, non vi farete cogliere impreparati: c’è un campione che sogna per la sua squadra?
«Il mio sogno è Messi. Non ha nemmeno un tatuaggio. È un sogno calcistico ma anche cinematografico. È il sogno spagnolo».
Lei un sogno l’ha già realizzato: giocare in Cina, dove intende esportare il suo calcio, la Supercoppa Italiana.
«E ne sono molto felice. Ho lì diverse persone che lavorano già da un anno per me. La Cina sarà il centro delle attività di Aurelio De Laurentiis per i prossimi 25 anni: da ottobre mi trasferirò a Londra, il mio asse sarà Inghilterra-Napoli-Pechino-Rio De Janeiro».
L’unico dubbio per la finale con la Juve riguarda invece la presenza di Cavani (impegnato con l’Uruguay alle Olimpiadi, ndr).
«Edi si presenterà regolarmente».
Chi si è rinforzato di più secondo lei tra Milan, Inter e Juve?
«Aspetterei la fine del mercato per esprimere un giudizio. Il tecnico Conte insieme alla squadra capirà comunque ben presto cosa significa giocare campionato, Champions e Coppa Italia».
Teme qualcosa dalla giustizia sportiva, a proposito dell’inchiesta sulle scommesse che ha solo sfiorato il Napoli?
«Non temo nulla, il vero scudetto dovremmo assegnarlo a Palazzi, che sta facendo quello che può in una situazione non facile e dove tra l’altro mancano anche i soldi per fare le indagini, o no?».
Quale sarà in futuro la casa del Napoli: sempre lo stadio San Paolo?
«Assolutamente sì, le proposte di altre cordate verranno rispedite al mittente».
Un messaggio ai suoi tifosi, presidente, all’alba della nuova stagione?
«Lavoriamo per loro, ma vorremmo essere messi nelle condizioni di fare di più. Le leggi devono permetterci di interagire con la nostra gente. Altrimenti restiamo imprigionati in uno stato di polizia, nella Grecia dei colonnelli».
[Gazzetta dello Sport]