I “Bidoni del calcio”: Gaizka Mendieta

Se Sky ha la sua rubrica “I Signori del calcio”, noi di MondoPallone vi offriamo la risposta irriverente e un po’ casereccia, “I Bidoni del calcio”. Qui non si narrano gesta epiche, gol da ricordare o spirito guerriero; in poche righe si raccontano carriere improbabili, reti mai arrivate, disastri inenarrabili. Protagonisti del mondo del calcio non per forza scarsi, ma che, arrivati in Italia, non hanno dato il massimo, o per meglio dire, hanno fatto davvero schifo. La lista è lunga, abbiate pazienza, seguiteci e ricordate: bidone si nasce, non si diventa!

Alt, fermi tutti! So cosa state pensando: Mendieta bidone del calcio? Ma tu te lo ricordi al Valencia, quando giocava da solo e trascinava la squadra in finale di Champions League? Certo, la versione valenciana del buon Gaizka è stata una degnissima rappresentazione del gioco del calcio, di un campione che si era attirato le mire di mezza Europa pallonara. Qui ci riferiamo alla seconda metà della carriera del calciatore basco, in particolar modo con riferimento alla sua avventura in Italia con la maglia della Lazio, che definire deludente potrebbe sembrare come un eufemismo. Acquisto tra i più onerosi dell’era Cragnotti, a Roma lo spagnolo non manterrà mai le grandissime promesse mostrate nel suo Paese, rivelandosi così un bel bidone in salsa iberica.

Sangue e orgoglio tutto basco, il nostro Gaizka Mendieta Zabala nasce a Bilbao, come a dire “che più basco non si può“; classe 1974, il biondino cresce calcisticamente nel club del Castellon per poi sbocciare come un fiore in tempo primaverile nel Valencia. Il buon Gaizka si trasferisce in Costa Blanca nel 1992, ma dovranno passare un po’ di anni prima che la sua classe e la sua tenacia escano fuori alla grande. E’ il 1999 l’anno della svolta e del processo che lo porterà alla consacrazione calcistica, in Spagna come in Europa. Col suo Valencia vince la Coppa del Re e la Supercoppa Europea, conquistando una storica qualificazione in Champions League. Mendieta diventa capitano e leader massimo dei bianchi, allenati dall’Hombre vertical Heector Cuper, trascinandoli per due volte consecutive in finale; risultato? Entrambe le volte sconfitti, prima dal Real Madrid, poi dal Bayern Monaco.

Delusioni su delusioni e una grave crisi finanziaria che attanaglia il Valencia lo spingono a lasciare la Spagna; su di lui, acclamato ormai come uno dei pezzi pregiati del mercato europeo, si scatena una bella asta: alla fine la spunta la Lazio del presidente Cragnotti, uno che non parlava in latino, ma che sganciava la grana. Di miliardi l’ex numero 1 biancoceleste ne tira fuori tanti, tantissimi, 89 in totale per un acquisto che si rivelerà tra i meno fruttuosi della storia del calcio italiano, o per dirla in un altro modo, visto che siamo a Roma, tra le “mejo sole” del calciomercato europeo. Sbarcato nella Capitale nell’estate del 2001, il buon Gaizka illude i suoi nuovi tifosi: “La Lazio sarà il mio Real”, annuncia baldanzoso durante la sua presentazione a Formello. Tra l’altro, nel contratto dello spagnolo c’era una clausola che vietava alla Lazio di vendere il calciatore proprio al Real Madrid. Sulla panchina biancoceleste Mendieta trova Dino Zoff: tra i due il feeling non scatterà mai.

Eppure i presupposti c’erano, tanto che il buon Gaizka dichiarerà più volte di voler restare almeno 5 anni a Roma. Invece dopo appena una stagione in cui colleziona la miseria di 20 presenze, 0 gol e tante brutte prestazioni viene imbarcato sul primo aereo e rispedito in prestito in Spagna, precisamente Catalogna, dove passa al Barcellona. Anche in blaugrana la stagione è deludente: gioca di più rispetto all’anno laziale, segnando anche 4 reti, ma in generale mostra che quel carisma e quelle doti che aveva evidenziato nel suo periodo valenciano non ci sono più. Al “Camp Nou” dura un solo anno; tornato a Roma viene ceduto definitivamente in Inghilterra dove va a riciclarsi al Middlesbrough. Con la maglia del “Boro” gioca quattro stagioni e mezzo in cui colleziona un totale di 62 partite e 4 reti. Decide di ritirarsi a 34 anni nel dicembre del 2007, appendendo le scarpette al chiodo dopo una carriera iniziata da predestinato e terminata da anonimo protagonista del gioco del pallone.

Alla lunga si è rivelato come il peggior acquisto nel rapporto prezzo/prestazioni della storia del calcio italiano. Un amore mai sbocciato con la nostra Serie A, tanto che lo stesso Mendieta dichiarerà sconsolato: “Non pensavo che il campionato italiano fosse così duro”. Un acquisto decisamente negativo non solo per sé, ma soprattutto per le casse biancocelesti che da lì a poco cominceranno a conoscere una profondissima crisi che costringerà prima il presidente Cragnotti a cedere i pezzi pregiati della sua rosa, come Crespo e Nesta, e poi a passare il timone della società.