Euro2012, il personaggio: Julija Timošenko

Un personaggio al giorno, dentro o fuori dal campo di gioco, fino al 2 luglio: MondoPallone, durante tutti gli Europei, vi regalerà quotidianamente la biografia compressa di giocatori e non solo. Oggi è il turno di Julija Timošenko, già primo ministro dell’Ucraina.

Per l’ultima volta in questo Europeo usiamo una traslitterazione corretta, italiana: non Yulia Tymoshenko, ma Julija Timošenko. Ma il problema non è certo questo: è che per tutto l’Europeo la Timošenko ha aleggiato sulla competizione (assieme ai cadaveri di randagi vari), essendo uno dei casi più spinosi dell’attuale politica internazionale.

In Europa abbiamo imparato a conoscerla nel 2004, quando appoggiò Viktor Juščenko e soprattutto fu in prima linea nella cosiddetta Rivoluzione Arancione: la rivolta di piazza contro le delle elzioni presidenziali che (si sosteneva) erano state viziate da brogli. E lo stesso Juščenko, peraltro, affrontò prove particolarmente dure prima delle elezioni, come una pancreatite acuta (che sostenne essere stata causata da un tentativo di avvelenamento per diossina attuato dai funzionari del suo avversario, Viktor Janukovyč) le cui conseguenze lo sfigureranno al volto.

Julija Timošenko era stata raffigurata dai media occidentali quale «la Giovanna d’Arco della Rivoluzione Arancione», come a dire che gli aggettivi si sprecavano. Anche se nessuno ne conosceva l’effettivo passato: già molto attiva sotto il sistema sovietico, con la sua caduta era finalmente riuscita a guadagnarsi un ruolo attivo, dirigendo compagnie energetiche, importando gas metano dalla Russia e riuscendo ad arricchirsi nel breve volgere di un decennio.

Entrata in politica nel 1996, nel 2001 viene arrestata per falsificazione di documenti e importazione illegale di metano (sotto accusa i traffici a metà degli anni Novanta): si difese accusando il regime di Kučma (vicino agli oligarchi), di cui divenne immediatamente l’oppositrice più forte e convinta. Insomma: il carattere rivoluzionario si vedeva già da tempo, mancavano solo due cose: strappare con gli oligarchi (di cui aveva fatto parte), e l’occasione giusta.

Dopo la vittoria di Juščenko nell’inedito “terzo turno” elettorale, a gennaio 2005 Julija Tymošenko divenne primo ministro, ma l’esperienza durerà pochi mesi: il presidente Juščenko sciolse il governo, e si andrà verso nuove elezioni politiche. Tymošenko tornerà a essere primo ministro in pectore, ma con una coalizione di governo composta di partiti poco inclini a fidarsi l’uno dell’altro: non regge alla prima prova del Parlamento, e questo porterà Janukovyč al governo.

Ma non basta: nuove elezioni anticipate nel 2007, e finalmente Timošenko riesce a svolgere un secondo mandato. E qui taglio un po’ la storia, dicendo soltanto che, candidata alle presidenziali nel 2010, perderà ancora una volta da Viktor Janukovič. Ma perché parlare di lei proprio oggi che si gioca la finale dell’Europeo? Facile: perché nell’estate 2011 Tymošenko è stata arrestata in aula, accusata di abuso di potere (per aver stipulato un contratto per la fornitura di gas dalla Russia senza però avere avuto il consenso del governo).

E siamo arrivati al punto: tutta questa situazione ha portato molti capi di governo e di istituzioni internazionali a prendere posizione in favore di Tymošenko (che, nel frattempo, ha avuto gravi problemi di salute). Si sono mossi il Commissario Europeo per la Giustizia, Viviane Reading (del Lussemburgo), lo stesso Barroso, anche il nostro ministro degli Esteri, Giulio Terzi; ma il guaio è che i primissimi a schierarsi sono stati il presidente tedesco Joachim Gauck, che ad aprile ha rifiutato un invito ufficiale in Ucraina, e anche Angela Merkel si è schierata chiaramente. Fateci caso: il primo ministro tedesco ha assistito alle partite della sua squadra solo in Polonia.

Alla fine, quindi, lo sgambetto ai tedeschi è stato anche e soprattutto un favore: così Frau Merkel non ha dovuto risolvere l’imbarazzo di recarsi in Ucraina, a Kiev, per la finale.