Euro2012, il personaggio: il tifoso italiano in Germania

Un personaggio al giorno, dentro o fuori dal campo di gioco, fino al 2 luglio: MondoPallone, durante tutti gli Europei, vi regalerà quotidianamente la biografia compressa di giocatori e non solo. Oggi è il turno del tifoso italiano, molto (poco) popolare in Germania.

Ne parla proprio stamattina il nostro Leonardo Peruzzi nel suo editoriale Prossima fermata: Leopoldstraße, Monaco di Baviera, mentre Elia Modugno suggerisce la visione di questa scena: il personaggio del giorno è il tifoso italiano. Il racconto di Leonardo, per fortuna, è decisamente migliore delle notizie poco edificanti che sono uscite ieri dalle agenzie. Il contrario dello spirito prandelliano: il calcio è un gioco, sorridete!

Dice: facile sorridere quando vinci. Ma l’idea iniziale era quella di sorridere a prescindere dal risultato in una competizione che si preannunciava durissima per noi e per il nostro progetto. La speranza è che sorridere porti a vincere, che giocare in modo sereno e disinvolto sia la chiave giusta per raggiungere il traguardo; ma è anche il paracadute migliore per un eventuale fallimento. (Una cosa che, a inizio competizione, era impossibile: il clima era da tregenda.)

Il clima in Germania, ieri, doveva non essere dei migliori: partiti con la sensazione che l’Europeo fosse tedesco per definizione, il risveglio da certe certezze non è mai leggero. Mentre è molto più dolce per tutti i nostri emigrati, chi per forza e chi per amore: divisi in Italia, all’estero riscopriamo la nostalgia del Belpaese, nonostante tutti i suoi difetti. E — parliamoci chiaro — la Germania deve molto all’Italia e ad altre nazioni: in termini di forza lavoro, tanto per cominciare.

Brava la Germania ad accoglierli e a farne tesoro, ma possiamo immaginarci la difficoltà dei nostri connazionali: qualcuno, ai tempi del bianco e nero, sarà arrivato armato di valige e nostalgia di casa, della famiglia o della fidanzata; qualcuno si sarà comportato bene, qualcuno male; insomma, le solite cose di tutti i giorni. Senza esagerare e senza retorica: a emigrare sono comunque degli esseri umani, con tutti i pregi e difetti dei singoli. E in un momento di grave crisi, fa ancora più male pensare di dovere andarsene.

Per cui li capiamo, i tifosi italiani all’estero: magari proprio nella tana del lupo (Merkel-land), festeggiare un po’ di rivalsa, la vittoria di Davide contro Golia, la forza di chi ha tutto da guadagnare e poco da perdere. Festeggiare la propria presenza, farsi sentire anche dove sono in meno a sentirti. Tifare all’estero per sopperire a una mancanza (nel caso più doloroso), o per ricordare un’origine (nel caso più sereno).

A maggior ragione in un paese pieno di commissari tecnici, nel quale il calcio conta più di ogni altra cosa, è capace di far dimenticare ogni difficoltà. Di digerire ogni angustia. E anche di unire italiani di ogni dove (ieri, lo abbiamo detto, uniti per la prima volta da un nero). E chissà come trattano gli italiani in Spagna.