Home » Euro2012, il personaggio: Joachim Löw

Un personaggio al giorno, dentro o fuori dal campo di gioco, fino al 2 luglio: MondoPallone, durante tutti gli Europei, vi regalerà quotidianamente la biografia compressa di giocatori e non solo. Oggi è il turno di Joachim Löw, commissario tecnico della Germania.

Gira che ti rigira, Joachim Löw non è più un allenatore tanto giovane. Di fatto la nazionale tedesca gira sotto la sua guida da otto anni: fu chiamato da Jürgen Klinsmann per fargli da allenatore in seconda nel ciclo 2004/2006, che avrebbe dovuto condurre al mondiale casalingo. Era una Germania che cercava la riscossa dopo anni controversi (sia nel 2000, da campione uscente, che nel 2004, due eliminazioni al primo turno, e in mezzo la finale mondiale nel 2002), con le gestioni Ribbeck e Völler che si erano rivelate fallimentari, al punto che la prestigiosa panchina era stata rifiutata da Hitzfeld e Rehhagel. Così si cercò una scossa psicologica con una scelta di tipo completamente differente.

Fa impressione pensare che Löw sia il decimo allenatore della Germania dal 1928: difficile farsi venire in mente un’altra panchina così stabile. E in realtà è stato anche il nono allenatore: Klinsmann, che ha allenato solo per il biennio 2004-6, sapeva bene di essere una scelta più psicologica che tecnica, e per questo lo aveva preteso come suo vice. In altre parole: già ai Mondiali 2006 si trattava di una Löw-band. Le forze in campo erano probabilmente più equilibrate, rimane il fatto che lo abbiamo battuto.

Già, perché il saldo tedesco con l’Italia, almeno in campo calcistico, è ampiamente negativo: 14 sconfitte, 9 pareggi, solo 7 vittorie (l’ultima nel 1995: un’era geologica fa, e si trattava di un trofeo secondario, giocato in Svizzera). Siamo pochi a poter contare su un record del genere: le altre supertitolate sono Inghilterra, Francia e le due sudamericane che tanto a questo giro non ci sono. Come a dire: se ci superano, poi hanno vita facile.

Oppure no, tenuto da conto che da quando Löw siede sulla panchina teutonica (inclusa la gestione-Klinsmann, quindi), la Germania è uscita dai giochi perdendo dai futuri campioni: del 2006 abbiamo già detto, nel 2008 e nel 2010 la Spagna li ha matati due volte, andando a prendersi Europeo austrosvizzero e Mondiale sudafricano). È strano pensarci, ma Löw può dire di essere uno dei CT più costanti a livello altissimo, eppure uno dei meno vincenti, almeno fin qui. Ma forse giova ricordare la sua carriera da allenatore di club.

Dopo esperienze minori da giocatore-allenatore, diventa vice di Fringer allo Stoccarda; quando questi lascia (per accettare la panca della Svizzera), ne prende il posto e subito sfodera il repertorio migliore: calcio bello ed efficace (con signori giocatori, come Balakov e Bobic), che frutta una coppa nazionale, una finale di Coppa delle Coppe e due quarti posti finali. Di qui si prova a monetizzare col Fenerbahçe: una scelta che pagherà cara e che ne condizionerà gli anni successivi (era il 1998), che lo vedranno tornare in Germania per salvare il Karlsruhe dalla terza serie (fallimento sul campo), di nuovo in Turchia (all’Adanaspor: esonerato).

Poi una opportunità migliore: lo chiama il Tirol Innsbruck, col quale vince il titolo austriaco nel 2002; ma evidentemente non è ancora momento di spiccare il volo, visto che il club fallisce nell’estate successiva, lasciando Löw ancora senza panchina. Dopo un anno di stop, riparte dell’Austria Vienna, che lascia prima della fine del campionato a causa della chiamata di Klinsmann.

Come dire: la classica persona cui manca sempre un soldo per fare una lira, spesso sulla breccia, mai fino in fondo. E ora che si è fatto profeta del progetto-giovani in Bundesliga (parentesi: ma è mai possibile che noi non possiamo fare nulla del genere?); ora che la nuova generazione di giovani non è solo tecnica e potenza, ma anche fantasia; ora che Löw si è costruito la fuoriserie che sta guidando… ci siamo di mezzo ancora noi.