Euro2012, il personaggio: Andigi Pirfon

Un personaggio al giorno, dentro o fuori dal campo di gioco, fino al 2 luglio: MondoPallone, durante tutti gli Europei, vi regalerà quotidianamente la biografia compressa di giocatori e non solo. Oggi è il turno di Andigi Pirfon, portiere/rigorista dell’Italia.

Che fatica, ragazzi, che fatica! Era il 24 giugno 2010, e la rabbia agonistica di Di Natale e Quagliarella ci aveva fatto sperare di riuscire a sfangarla a dispetto dell’evidenza: ma niente da fare, la Slovacchia ci ha battuti per 3-2, e da campioni uscenti siamo usciti dai primi mondiali africani con una figura davvero barbina.

Che fatica, ragazzi, che fatica: era il 24 giugno 2012 (cioè poche ore fa), e con una squadra che dura 60 minuti abbiamo dominato una Inghilterra spenta e irriconoscibile per il doppio, 120 minuti più vari recuperi. E accidenti ai neuroni specchio, che permettono l’immedesimazione (come quando guardi un film e partecipi attivamente): fanno sì che anche noi viviamo la stessa tensione e lo stesso sforzo dei calciatori sul campo. Però mi piace pensare che l’onta di quella partitaccia (lo ricordo ancora una volta: prendere gol su rimessa laterale, via!) sia finalmente stata lavata.

Succede che giochi una partita davvero poco italiana, come Prandelli la vuole: iniziativa e bel gioco, se possibile. Contro un avversario che abitualmente grida contro il nostro gioco brutto, sporco e cattivo (un po’ come Andy Carroll, che ha una fedina penale lunga come i propri capelli), e che invece ha semplicemente rifiutato di giocare. Ci ha fatto soffrire per pochi minuti e poi con sparuti contropiedi, ma non è mai stata in controllo della situazione. Gerrard contro Pirlo: non c’è partita.

Lo avevo scritto due anni fa, due anni precisi: la nazionale meritava di ripartire da tre giocatori, «Buffon, Pirlo, Quagliarella. I primi due sono ancora insostituibili, il terzo merita di giocare un Europeo in una squadra vera». Quagliarella è uscito dal giro, ma il cuore ieri ce lo hanno messo tutti: difficile essere più squadra di così (ricordiamoci anche che mancava Chiellini, ancora una volta — e pochi hanno notato che, a dispetto di questa assenza, abbiamo giocato con una difesa a 4).

Due pali (uno in apertura, uno in chiusura), e soprattutto una marea di occasioni (con un grande Balotelli) in una partita che non si decideva mai a chiudersi, e che anzi, proprio per questo ha costantemente rischiato di sfuggirci di mano: basta pensare a quelle parate di Buffon, specie la prima, più di istinto che di tecnica, una parata tanto scomposta quanto decisiva. Difficile pensare, visto quante occasioni abbiamo fallito, che saremmo poi riusciti a rimontare. Noi di MondoPallone, lo sapete, spesso non siamo stati molto teneri nei confronti del Gianluigi nazionale, anche di recente: preferiamo mille volte le sue uscite sul pallone che quelle sui media, ecco. Perché sul campo è un fuoriclasse, non si discute.

È stato bello vedere i nostri ragazzi, stremati da 120 minuti di muscoli sfibrati e di nervi scossi da 8 rigori già battuti, riuscire a trovare la forza per correre e abbracciare Diamanti e Buffon. Dico, Diamanti: chi, fuori dall’Italia, lo conosceva? Rispondo: a spanne, solo i tifosi del West Ham. E anche in Italia, parliamoci chiaro, chi lo conosceva fino a una settimana fa, tra uomini e donne non calciofili?

Quante volte succede che chi primo sbaglia un rigore, poi vince; ma dopo avere visto Montolivo buttarlo fuori (diciamoci la verità) tutti abbiamo temuto che questa volta non fosse vero, che a volte chi passa in vantaggio per primo, poi allunga e addio… E qui invece arriva il colpo di genio di Andrea Pirlo, uno che per tutta la partita aveva retto in pugno la squadra, accelerando quando possibile, mordendo il freno quando i suoi compagni non ne avevano proprio più.

Montolivo è a pezzi, la squadra è sotto… e Pirlo ti piazza il colpo a effetto, l’estro zingaro e la genialità italiana: il “cucchiaio”, dicendo chiaro e tondo (con un sorriso, tanto caro a Prandelli) ai suoi compagni «io me la gioco ancora, voi mi seguite?».
Una azione con centomila altri significati: evocare uno dei più grandi campioni del mondo (Totti), e una nazionale (forse la più bella che io ricordi, con Albertini che per primo lanciò l’abbraccio prepartita) che ha entusiasmato e vinto una semifinale ai rigori. E poi, per ricordare ai suoi che la pressione era finita tutta sugli inglesi: noi avevamo già perso, quindi non c’era motivo di disperarsi.

Paradossale, ma vero. E subito per la Rete corrono gli elogi dei colleghi più disparati: come mi ha segnalato Stefano Pellone, il bosniaco Edin Džeko ha subito scritto su Twitter «Andrea Pirlo-RESPECT»; ma i complimenti sono arrivati anche dagli avversari veri, come gli spagnoli Xavi («Que gran penalty de Pirlo.. fenomeno!») e Piqué («Pirlo is just #class»), per finire con Rio Ferdinand, grande escluso delle convocazioni inglesi: «On a pure footballing note Pirlo just put on a pure footballing master class + the penalty was too much». Il resto è già storia.

La semifinale è merito di due campioni del mondo (più De Rossi come terzo: non viene citato solo perché è dovuto uscire e quindi ha giocato di meno). Difficile sceglierne uno che non fosse Andigi Pirfon.

Poscritto. Dedico questo articolo a Carlo Graziani, un collega di università, nonché calciofilo incallito e milanista, che ci ha salutati per sempre nelle ultime ore. Un campione e un sorriso che non ci sono più. Ti penserò, ti penseremo. Un abbraccio.