I “Bidoni del calcio”: Ibrahim Ba

Se Sky ha la sua rubrica “I Signori del calcio”, noi di MondoPallone vi offriamo la risposta irriverente e un po’ casereccia, “I Bidoni del calcio”. Qui non si narrano gesta epiche, gol da ricordare o spirito guerriero; in poche righe si raccontano carriere improbabili, reti mai arrivate, disastri inenarrabili. Protagonisti del mondo del calcio non per forza scarsi, ma che, arrivati in Italia, non hanno dato il massimo, o per meglio dire, hanno fatto davvero schifo. La lista è lunga, abbiate pazienza, seguiteci e ricordate: bidone si nasce, non si diventa!

Se il vostro sogno è quello di essere stipendiato per anni dal Milan, restando sostanzialmente in poltrona a vedere i vostri compagni sudare, vincere uno scudetto da attore non protagonista e trionfare in Champions League, presentandovi in campo solo per ricevere la medaglia, avete una sola strada da percorrere: imitare la carriera di Ibrahim “Ibou” Ba. Capelli bianco ossigenati, corsa inutilmente felina, legato inspiegabilmente alla società rossonera anche dopo il ritiro, quella del giocatore di origini senegalese è una lunga storia, fatta di alti, ma soprattutto di bassi, di vittorie (degli altri) e di aneddoti particolari che ne fanno una delle “sole” più luminose della storia del club di via Turati.

Dopo qualche anno da protagonista nella Ligue 1 francese con le maglie del Le Havre e del Bordeaux, il nostro strano personaggio sbarca a Milano nell’estate del 1997, osannato come uno dei grandi colpi di un Milan in fase di ricostruzione dopo alcune stagioni decisamente fallimentari. Centrocampista di fascia destra dalle spiccati dote offensive, Ibrahim era stato acquistato per sostituire l’ormai spremuto Donadoni: in realtà gli altri candidati al ruolo si chiamavano Figo e Luis Enrique, ma come a volte accade, la sorte beffarda volle che la ruota del destino portasse in Italia il nostro simpatico amico. Esordio da fuochi d’artificio per lui in un’amichevole estiva contro il Monza, mica il Barcellona, in cui gioca una partita da applausi, segnando un gran gol e facendo brillare oltremodo la pelata di Galliani, che nella sua mente già ripassava le mille parole d’elogio per lodare il giocatore e la società per l’ennesimo acquisto azzeccato. “Abbiamo risolto il problema della fascia destra” avranno pensato in quei soleggiati giorni estivi gli ingenui tifosi, ignari del “parassita” che il presidente Berlusconi si era portato dietro dalla Francia.

In realtà, l’esordio del calciatore nella Seria A italiana non è dei più orrendi, aggettivo che si ripeterà nel suo futuro calcistico. Segna anche un gol nella seconda giornata, a “San Siro” contro la Lazio, giocando sostanzialmente bene, per naufragare poi insieme alla squadra in una stagione che dire vergognosa potrebbe apparire come un eufemismo. Confermato in rosa anche l’anno dopo, partecipa da attore comprimario alla conquista dello scudetto di zaccheroniana memoria, per poi essere girato in prestito al Perugia, dove in sequenza dà una testata all’ex cagliaritano Macellari, inaugurando l’era della prova televisiva con quattro giornate di squalifica, e dove si rompe il tendine rotuleo della gamba destra, giocando di conseguenza molto poco. L’anno successivo la società umbra lo rimanda al mittente rossonero che, compresa la cantonata colossale presa, lo rispedisce in Francia, al Marsiglia, dove Ibou conferma la sua dote principale: l’essere scarso, racimolando la bellezza di 9 presenze. Siccome al Milan il masochismo sembra essere una prerogativa, l’anno successivo Ba, ormai diventato grandicello e senza capelli ossigenati si presenta di nuovo ai cancelli di Milanello, pronto a ricominciare gli allenamenti come uno scolaro il primo giorno di scuola.

Colleziona nel 2002/2003 appena 5 presenze, ma il destino ci mette ancora una volta lo zampino, facendogli vincere direttamente dalla poltrona di casa sua la storica Champions milanista contro la Juventus, in un derby tutto italiano. I tifosi si accorgono che Ibrahim è ancora nella rosa milanista solo quando uno strano personaggio con i capelli lunghi raccolti in treccine abbassa sorridente il collo per fregiarsi di una medaglia tra le più “rubate”, passateci il termine, della storia del calcio. E’ uno che fa spogliatoio Ba, amato da tutti, una sorta di totem, ma ciò non gli vale il rinnovo del contratto: va prima al Bolton, poi in Turchia, nell’impronunciabile squadra del Çaykur Rizespor, poi in Svezia, nell’altrettanto scioglilinguistico Djurgården; per farvela breve, vi diciamo solo che viene cacciato anche da queste due squadre, tornando a piangere sulla gonna di mamma Milan, col quale firma l’ennesimo inutile (calcisticamente almeno) contratto della sua vita. Il 2008 è l’ultimo anno della sua carriera agonistica, riuscendo nell’impresa di abbassare la media presenze a quota 0. Ah, dimenticavamo: vanta anche 8 presenze e 2 reti nella nazionale francese, che scegliendo di non convocarlo diventerà campione del mondo nel 1998.

Come sotto l’influenza di un incantesimo d’amore, la dirigenza milanista decide di continuare a stipendiare Ibarhim Ba anche dopo il suo ritiro, promuovendolo come osservatore in Africa per conto del Milan, uno di quei ruoli di riserva, insomma, in cui vengono ingaggiati gli ex milanisti. Certo, l’incarico poteva essere affidato a qualcun’altro, ma vuoi vedere che, con la fortuna che ha avuto nella sua carriera, vincendo non giocando praticamente mai, uno così ti pesca il nuovo fenomeno del Continente Nero?! Staremo a vedere. Ah, dimenticavamo: è stato ance campione del mondo per club nel 2008 a Yokohama, naturalmente scendendo in campo solo per festeggiare coi compagni milanisti, che avevano battuto 4-1 il Boca Juniors. Mitico Ibou!