Se Sky ha la sua rubrica “I Signori del calcio”, noi di MondoPallone vi offriamo la risposta irriverente e un po’ casereccia, “I Bidoni del calcio”. Qui non si narrano gesta epiche, gol da ricordare o spirito guerriero; in poche righe si raccontano carriere improbabili, reti mai arrivate, disastri inenarrabili. Protagonisti del mondo del calcio non per forza scarsi, ma che, arrivati in Italia, non hanno dato il massimo, o per meglio dire, hanno fatto davvero schifo. La lista è lunga, abbiate pazienza, seguiteci e ricordate: bidone si nasce, non si diventa!
Sul finire dello scorso millennio, a Roma sbarca un simpatico argentino, bello, biondo e palestrato. Ha la nomea di essere un bomber di razza e di far cadere le donne ai suoi piedi, tanto da essere soprannominato El Facha, il Bello. Forse i tifosi romanisti mi staranno maledicendo dopo appena poche righe: sì, stiamo parlando proprio di lui, di Gustavo Bartelt, colui che era stato presentato come l’erede di Caniggia, che fu preferito a gente come Trezeguet e Inzaghi, che lasciò la Roma senza aver segnato un gol.
La storia calcistica del nostro personaggio inizia nel suo Paese, l’Argentina. Fa le giovanili nel Velez Sarsfield, ma a 15 anni interrompe precocemente la sua carriera perché non sa se quella del calciatore sia la strada da seguire nella sua vita. Un segno del destino a posteriori, invece Gustavo torna a giocare, stavolta con la maglia degli All Boys, sempre in Sud America. Qui gioca 92 partite ufficiali segnando 27 gol; numeri discreti, ma non eccezionali per un attaccante che comunque gli valgono la chiamata del Lanus. Qui il talento (?) di Bartelt sembra risvegliarsi da un antico letargo, tanto da attirarsi le attenzioni le attenzioni dei grandi club d’Europa. Alla fine se lo aggiudica la Roma del compianto presidente Franco Sensi, pagandolo incredibilmente 13 miliardi di lire.
Un’accoglienza trionfale lo attende nella Capitale, tanto che l’allenatore della squadra capitolina Zeman lo accoglie così: “Bartelt alla Roma? Non ne so niente. Il Presidente ne ha ufficializzato l’acquisto, ma io non lo conosco“. Beh, un’accoglienza non certo da super star, ma un precampionato positivo fa sognare in grande il nostro bel tenebroso, tanto che i tifosi sperano in un’esplosione dell’argentino. Invece, si rivela essere tutto un fuoco di paglia: nel suo primo anno giallorosso, Bartelt non ne azzecca una, chiudendo la stagione con 12 presenze e il non invidiabile bottino di 0 gol. Luce nel buio un assist per il compagno Alenitchev che diede il via ad un’insperata rimonta in un Roma-Fiorentina 2-1. Poco, decisamente poco per essere confermato.
Nonostante l’anonimato del suo primo anno romano, rimane in rosa, ma con l’arrivo di Capello le cose non cambiano, anzi, peggiorano, tanto che Bartelt si trasferisce in Inghilterra, all’Aston Villa. Il suo bilancio con la maglia dei Villans è incoraggiante: 0 presenze e 0 gol, numeri da horror del calcio. L’argentino rifà le valigie e sbarca in Spagna, destinazione Rayo Vallecano. Nella Liga alza notevolmente sia la media delle presenze che quella dei gol: 1 in 12 partite. Finalmente, alla soglia del nuovo millennio, l’attaccante capisce che l’Europa non fa per lui e lascia il Vecchio Continente dopo tre anni, segnati da 27 presenze e 1 gol totale. Non male per un difensore, peccato che il nostro Facha sia un attaccante. Ritroviamo Gustavo in Argentina: Gimnasia La Plata, Talleres de Córdoba, Gimnasia y Esgrima de Jujuy, per un totale di 31 presenze in tre anni e 0 reti fatte. Almeno la media gol è salva. Gli ultimi anni della sua carriera li passa tra le fila degli All Boys, dove riesce ad andare a segno due volte.
Questa a grandi linee la storia calcistica di Gustavo Bartelt, uno dei bomber meno prolifici della storia del calcio; uno che in più di 15 anni di carriera ha realizzato una cinquantina di gol, giocando anche in Italia, Inghilterra e Spagna. Tra le cose curiose della sua vita calcistica, anche un’accusa giudiziaria datata giugno 2001 e legata al così detto scandalo Passaportopoli, in cui fu coinvolto anche Cafù, in cui l’argentino e la società vennero indagati circa l’acquisizione della cittadinanza italiana dello stesso calciatore. Una carriera da vero “Bidone del calcio”, dunque, per uno dei calciatori meno amati e più in fretta dimenticati dalla Curva Sud.