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Io & il mio Piace, la nostra storia straordinaria

Il mio Piace se ne va, per sempre. Oggi è arrivata soltanto l’ufficialità, la morte cerebrale, ma la squadra di calcio per la quale faccio il tifo da oltre vent’anni era in coma irreversibile da tempo e chi ha provato a curarla negli ultimi anni aveva soltanto l’interesse di appropriarsi dei suoi organi. Nessuno ha mai provato realmente a salvarlo, nessuno.

Il mio Piace è stato mal nutrito e mal curato durante gli ultimi anni della scellerata gestione fabrizio Garilli (minuscolo, grazie), che altri non è che il figlio dell’indimenticabile e indimenticato Ingegner Leonardo, ‘l’Uomo dei Sogni’ se chiedete a qualsiasi piacentino. Io piacentino non lo sono e non ho mai avuto nessun legame stretto con la città emiliana, ebbi la fortuna (e nonostante tutto sottolineo ‘fortuna’) di avere un colpo di fulmine tra il 1990 e il 1991 con la pagina dell’album Panini dedicata al Piacenza, una squadra che da anni faceva su e giu’ tra B e C1. Iniziai a seguirla con simpatia senza peraltro trascurare la Fiorentina, la squadra della mia città che mio padre mi portava a vedere al vecchio Stadio Comunale una domenica si e l’altra anche. Ma qualcosa stava cambiando presto, il Piacenza grazie al suo guru Giampietro Marchetti acquistò dall’Udinese Antonio De Vitis, un attaccante pugliese che certamente ebbe il merito di accrescere in me la passione per il Piace, perché i suoi (bei, tanti) gol erano visibili il lunedì nell’imperdibile ‘A Tutta B’ (con Gianni Vasino & Mariolino Corso, poi Paganini e Brighenti), e quindi fu stupefacente agli occhi di un bambino di dieci anni scoprire che quelle figurine che rappresentavano una squadra di una città a me lontana e fin lì sconosciuta e che erano sempre state appiccicate a quella pagina di quell’album, si muovevano, avevano una maglia diversa quando giocavano in trasferta e addirittura segnavano, ma al tempo stesso le ritrovavo lì nel mio album ogni volta che lo aprivo. Con a fianco quella lupa.

Un altro colpo di fortuna (e nonostante tutto ri-sottolineo ‘fortuna’) alimentò la mia passione per il Piace . Mio padre lavorava per una casa editrice e conosceva rappresentanti della stessa in varie zone d’Italia. Ad esempio? Piacenza appunto. E sempre fortuna volle che il collega della città ex capitale ducale era un appassionato tifoso del Piace che alla notizia di un bambino che nei dintorni di Firenze seguiva il Piace si convinse ad invitare tutta la mia famiglia per una domenica piacentina: io, lui e mio padre allo stadio, mia madre, mia sorella e sua moglie in giro per la città. E così fu la mia prima volta alla ‘Galleana’, 31 Maggio 1992, Piacenza-Brescia 1-1 con gol neanche a dirlo di Totò De Vitis. Il Brescia conquistò la promozione, la gara fu interrotta per invasione dei tifosi bresciani, uscire dallo stadio fu un serio problema, ma quel giorno resterà comunque indelebile nella mia mente.

L’anno seguente i miei pensieri si contrapposero, il Piacenza disputò ‘LA’ stagione di Serie B, con Gigi Cagni che guidò alla promozione una squadra ben costruita composta da uomini prima che da grandi calciatori, la Fiorentina retrocesse clamorosamente con Batistuta, Laudrup ed Effemberg. Quindi le parti si invertirono, il Piace a San Siro e all’Olimpico, la Viola a battagliare ad Andria e ad Acireale. Fu irreale, ricordo ancora la prima giornata: Serie A, Piacenza-Torino 0-3; Serie B, Palermo-Fiorentina 0-3. Io ero piu’ deluso per l’amaro esordio in A di quello che da lì in poi sarebbe stato il ‘mio’ Piace, che contento per la prima vittoria della squadra della mia città in B. La prima stagione in A l’ho vissuta con passione enorme, con sempre indosso quella maglia color papavero che avevo acquistato in un negozio fiorentino ben fornito dell’epoca, sempre attaccato alla radiolina con a fianco amici che prima non capivano, prendevano in giro, poi si resero conto della grandezza di quella piccola squadra senza stranieri che sputò sangue su tutti i campi della A, sempre a testa alta, e nel loro piccolo se ne appassionarono, esultando spesso con me per i gol e le vittorie di quel piccolo Piace.

Ma quella stagione si concluse nel modo piu’ amaro possibile, con una retrocessione ingiusta, frutto di un bel biscotto in un Milan-Reggiana 0-1, 1 maggio 1994, che per il tifoso del Piace non è solo il giorno della morte di Ayrton Senna, ma molto di piu’. Una delusione incommentabile che mi strinse ancor di piu’ a quella squadra, tanto che la stagione successiva, quando le parti tornarono ad invertirsi (Fiorentina in A, Piace in B) non ebbi dubbi su quale realmente fosse la mia squadra da tifare, da lì per sempre, fino ad oggi, e non dovetti nemmeno decidere perché non fui guidato dalla ragione ma dall’istinto, dal cuore, dalla passione. Il Piace sarebbe diventato il mio unico amore, mi avrebbe accompagnato per anni e anni, fatti si di domeniche davanti a Telepiu’, Stream o Sky, ma anche di giornate passate in auto per raggiungere il Garilli o qualsiasi stadio in cui il Piace avrebbe giocato per tutti questi anni tra Toscana, Emilia Romagna ed Umbria, con un paio di puntate a San Siro e al Delle Alpi. Entrare un giorno nel settore ospiti dello Stadio di Firenze fu un emozione unica, qualcuno mi riconobbe, mi disse che ero un pazzo. Ero davvero pazzo di te mio caro Piace, ti ho amato all’inverosimile e ti ho spesso messo in cima alle mie priorità, fino a che qualcosa, qualcuno ha distrutto tutto. Ricordo ogni singolo momento, ogni singolo giocatore, ogni singolo calcolo matematico e tabella d’aprile o di maggio fatta sul diario di classe per capire se quell’ anno ci saremmo salvati o se quell’altro saremmo stati promossi, provo ancora forti emozioni nel rivedere certi gol, certe partite, ho festeggiato dalla curva del tuo stadio una promozione in A, ma anche due amarissime retrocessioni; stare qui a ricordare i mille highlights della mia storia con te non avrebbe senso, non ora, sarebbe solo doloroso; come dicono i Coach di pallacanestro rivolgendosi al tavolo: “Ho bisogno di un timeout”.

Nel frattempo sono cresciuto e probabilmente ho un po’ ristabilito la gerarchia delle priorità, ma tu sei sempre stato lassu’ in alto, zona Champion’s League, fino a pochissimi mesi fa. Non ti ho tradito, non ti ho dimenticato, ho solamente avvertito un po’ di nausea quando parlare di te non corrispondeva piu’ a parlare di calcio ma di mille altre cose che col calcio e con la passione dovrebbero entrarci poco. Per fortuna nell’anno appena conclusosi degli appassionati e squattrinati ragazzini mi hanno convinto che non era tempo di mollare, non ancora, ma sapevo che l’agonia era solo rimandata.
Ed eccoci qua, a commentare il tuo addio. Forse rinascerai dalle categorie piu’ basse, magari sarai piu’ forte di prima, o forse sarà solo un clone di te stesso, ed io che non sono originario della tua città, seppur negli anni abbia imparato a conoscere meglio e ad apprezzare lei e la sua gente, sento di poter avere delle difficoltà in piu’ a riavvicinarmi a te, o al clone di te stesso appunto. O forse lo farò con ancora piu’ passione, al momento è davvero impossibile dirlo.

Magari un giorno mio figlio aprirà un album di figurine e ci sarai di nuovo tu, con lo stesso abito e gli stessi colori. E io gli racconterò una storia, una straordinara storia.