Euro2012, il personaggio: Arjen Robben

Un personaggio al giorno, dentro o fuori dal campo di gioco, fino al 2 luglio: MondoPallone, durante tutti gli Europei, vi regalerà quotidianamente la biografia compressa di giocatori e non solo. Oggi è il turno di Arjen Robben, ala (spuntata) dell’Olanda.

Mentre la Germania non incantava, ma comunque gestiva il campo in modo sereno e portava a casa la terza vittoria (era l’unica a poterlo fare, sarà l’unica a farlo), l’Olanda completava il proprio en plein al contrario: da vicecampione del mondo, ha fatto zero su tre, o, se preferite, tre su tre al rovescio. Insomma: non solo non ha vinto neanche una partita, ma ha anche accuratamente evitato di pareggiare.

Di van Marwijk abbiamo già parlato, e non solo di lui: difatti l’allenatore olandese è stato subito affettuosamente rinominato «van Warmik» (a compensare ci ha pensato D’Amico, cinque minuti dopo, ripescando Coutinho al posto di Moutinho; sul gol di van der Vaart l’ex laziale elogia van Basten per la segnatura, ma viene presto pareggiato da Bezzi con «Vart van der Vart»: mancava solo Vart Vader, poi c’erano tutti, e le citazioni vengono solo dai primi 15 minuti scarsi, e ho tenuto il pezzo migliore in fondo: si è sentito anche parlare de «la classica posizione di Cristiano Ronaldo: a gambe aperte»); oggi, dicevamo, non possiamo parlare di nuovo di van Marwijk, toccherà quindi a qualcuno dei suoi (mancati) protagonisti in campo.

Viene da chiedersi come sia possibile che una squadra che possa contare su Robben, Sneijder e van Persie sia finita fuori in questo modo. Sinceramente: non ne ho idea. Ma a colpirmi è una coincidenza: c’è uno spasimante che arriva sempre a baciare la sposa, però poi rimane scapolo. Parlo di Robben, appunto, che negli ultimi anni ha incantato le platee ed esaltato con le sue giocate in velocità, i tiri al volo e tutto un repertorio invidiabile: ma a livello di palmarès, a guardarci bene, non mette niente in bacheca dal 2010 (prima il campionato, poi la Supercoppa con il Bayern).

E dire che trascina le sue squadre là dove più conta: suo il primo gol alla Slovacchia (ahi, che male… dovevamo esserci noi, in quegli ottavi di finale), suo il gol decisivo all’Uruguay per guadagnarsi la finalissima di Sudafrica 2010; poi però la finale sappiamo chi l’ha vinta. Quest’anno, peggio che peggio: segna uno dei due gol del Bayern nella finale di coppa di Germania contro il Borussia Dortmund, peccato che quel giorno Neuer si faccia infilare cinque volte; e già un mese prima era stato protagonista in negativo sempre contro i gialloneri: è lui a tenere in gioco Lewandowski in occasione del gol decisivo, e poi si fa parare il rigore del possibile pareggio. In Champions, segna il gol che permette al Bayern di impattare contro il Real Madrid in semifinale, vincendo poi ai rigori; in finale, come sappiamo, ha sbagliato il rigore decisivo durante i supplementari. La vittoria gli volta sempre le spalle.

Come mi ha fatto notare il nostro Elia Modugno, si potrebbe prendere in prestito una recente e già famosa locuzione di Gianni Bezzi, e dire che per Robben si è trattato di un anno fatato… in senso negativo. Qualcuno potrebbe ricordare che, in senso lato, fatato può voler dire «sotto incantesimo»; ma sospetto che un Robben vorrebbe sentirsi dire chiaramente (in italiano moderno e non letterario) che è stregato, maledetto. E io aggiungo che certi cronisti avrebbero bisogno di un incantesimo, ma in senso positivo.