Questa B sfigata, che poi tanto sfigata non è
Tanto bistrattata, tanto presa in giro, tanto sottovalutata. Eppure continua a regalarci emozioni, come sempre del resto. Ma perché non avvicinarsi di più alla Serie B? Cos’ha che non va? Certo, poi siam tutti pronti a celebrare chi sale e a condannare chi scende. Ma non è giusto ridurre tutto un campionato ad una scala mobile del giudizio universale.
Mai come quest’anno, gli inquisitori dovranno ricredersi. Per l’equilibrio e lo spettacolo visti in questa stagione cadetta non sono da serie minore. Certo, la qualità è quella che è, se rapportata ai milioni e alle ricchezze, di tutti i tipi, della Serie A. Ma ragionandoci bene, a parte il duo di testa bianco-rossonero, abbiamo davvero visto tutto questo spettacolo? La il nostro grande e luccicante campionato ha davvero offerto un’immagine altrettanto blasonata? Sfido chiunque a dire sì. E se c’è qualcuno che afferma di essersi divertito realmente, beh, francamente, non riuscirei mai a parlargli di calcio.
Partite memorabili non ne ho viste. Partite da fuochi d’artificio (forse solo il derby di Milano alla penultima) nemmeno. Ditemi ciò che volete, ma gustandomi la Serie B quest’anno mi vien da pensare questo. Vedere un Genoa costruito per l’Europa e lottare per non retrocedere nell’inferno di questa tanto odiata serie minore che nessuno vuole nominare, non è spettacolo. Vedere squadre che, senza più magagne di classifica, si preoccupano di sputar sangue solo perché su tutti incombe la paura della galera, non è spettacolo. Squadre che giocano a perdere per arrivare terze a quasi 30 punti dalle prime due, non lo è. Assistere a 20 esoneri in un anno solo, nemmeno quello lo è. E potrei continuare, oltre e oltre.
Tirando un occhio più giù, ove le ombre della ‘melma’ sguazzano in un gioco nemmeno considerato pallone, beh, si assisteva a tutt’altro. Direte voi: il calcio-scommesse è soprattutto della Serie B. Certo, fino ad ora. Nuova sfida: trovatemi una società, ora, che non abbia paura di essere accusata; trovatemi un giocatore, un dirigente, un magazziniere (a parte i soliti, pluridecorati nomi) che non ci abbia fatto un pensierino. Il nostro calcio è malato. Ed è per questo che, dalla A all’Eccellenza, ormai, non ci si può fidare più di nessuno. Non possiamo più permetterci di guardare in modo spensierato il nostro passatempo preferito. E’ desolante da dire, ma è così. Se permettete, almeno mi godo lo spettacolo, vero o finto, in attesa dell’ennesima estate di fuoco.
Da amante patologico del calcio, preferisco vedere belle azioni, gol ed emozioni, piuttosto che arroccamenti a strenue fortezze e gente che si vanta di barricate degne della Grande Guerra. La gente vuole lo sport, non la guerra, non la falsità e il disonore. E quindi, viva Zeman, se serve a regalarci sabati pieni di gol in attesa della domenica della noia. Viva Zeman perché, anche se non condivido (da semplice spettatore) la sua idea di calcio troppo champagne, non posso che congratularmi con lui perché, almeno, rompe gli schemi. Queste lapidarie tabelle, questo sistema che pian piano sta crollando e sta andando a farsi allegramente benedire.
Viva Zeman perché almeno ci regala quei soliti 3-4 gol a partita, che poi è quello che vogliamo vedere. Viva il Torino, perché ha ridato alla sua gente il posto che la sua storia merita, giocando un buon calcio e lottando sempre lì, senza pause, senza scossoni. Viva le squadre che si sono conquistate i play off, perché almeno hanno giocato per vincere, e non solo per vedere cosa combinavano le altre. Queste sono le partite della B, ma la mentalità vista in questo campionato dovrebbe essere quella della A, che in realtà è tutt’altra. 89 gol li ha fatti il Pescara, non l’Inter o il Milan (e non ci metto la Juventus perché è stata l’unica che è ha saputo farci divertire).
Salgono il Torino, il Pescara e una fra Sassuolo, Verona, Varese e Sampdoria. Abbandoneranno questo purgatorio così piacevole, andranno verso il paradiso diventato, ahinoi, così terribilmente noioso. Sperando che possano mantenere la stessa mentalità, la stessa voglia, lo stesso spirito, per portare, finalmente, una ventata d’inferno in quest’aureo grigiore che non sa più che pesci prendere per tornare grande.