Biscotto iberico, campionati da modernizzare?
Orribile. E’stato orribile vedere le scene finali di Rayo Vallecano-Granada mentre al “Madrigàl” si piangeva per una retrocessione inaspettata, quella del Villarreal. Orribile pensare che quel gol ‘’su richiesta’’ oltre a decidere una retrocessione potrebbe mettere fine alla carriera di un tecnico stimato come Miguel Angel Lotina che grazie a questo orrore, in aggiunta evidentemente a dei demeriti, colleziona la terza retrocessione consecutiva, anche questa pesantissima (la sua Real Sociedad non retrocedeva da quarant’anni, il Deportivo La Coruna da venti e il sottomarino giallo da oltre dieci, insomma tre autentici disastri) e non l’unica con qualche ombra sullo svolgimento delle ultime gare delle avversarie dirette. Forse qualcuno in Italia avrà gonfiato il petto al grido ‘’c’è chi fa peggio di noi’’, ma onestamente questa non sembra una consolazione per il nostro calcio dopo un’altra stagione caratterizzata da mille polemiche (ma dai?!), e anzi deve far pensare a come si possa evitare che nelle ultime giornate, per non dire appunto negli ultimi minuti dell’ultima giornata, possono accadere autentiche porcherie di questo tipo.
Beh, i playout sono oggettivamente un buon rimedio. E’ vero che la lotta per evitarli può essere anch’ essa decisa dal calendario, ma almeno il tuo destino te lo giochi contro la rivale diretta. La stessa Liga spagnola fu lungimirante in questo senso e già dagli anni ’80 prevedeva uno spareggio tra la diciassettesima e la diciottesima classificata per decidere l’ ultima retrocessa, una sorta di playout sullo stile della nostra Serie B-Win, solo con trent’anni d’anticipo. Peccato che dal 1999/00 la Liga abbia abolito questa formula che, se ancora esistente, avrebbe fatto scendere in campo (senza considerare quel gol regalato a Tamudo che ha cambiato tutto) Rayo Vallecano e Villarreal, una contro l’ altra, e guai a chi si sarebbe azzardato a chiedere all’ avversario ‘’scusi, mi fa segnare?”.
In Germania si è disputata proprio martedì la gara di ritorno tra Hertha Berlino e Fortuna Dusseldorf, una terzultima in Bundesliga, l’altra terza nella Zweite Liga, per decidere a chi sarà assegnato l’ ultimo posto nella massima serie della prossima stagione. Un modo diverso per dare ulteriori chances a chi ha deluso ma non troppo per retrocedere direttamente o a chi ha fatto bene ma non così tanto da meritarsi un’automatica promozione. E allora spareggio, come fu in un caso anche in Italia nel 2003/04 quando il Perugia (Serie A) sfidò la Fiorentina (Serie B) in un doppio confronto che decretò il ritorno nella massima serie dei viola, agli albori dell’era Della Valle.
In Italia è stata la vecchia Serie C1 a fare scuola proponendo playoffs , playout e tre punti a vittoria dalla stagione 1993/94. Un‘autentica rivoluzione che però ottenne subito consensi da tutto il panorama calcistico nazionale, tanto che dalla stagione successiva anche in Serie A per la prima volta una vittoria valeva tre punti. Ma playoffs e playout non furono presi in considerazione e a distanza di quasi vent’anni non lo sono neanche adesso. La questione riguardante l’inserimento di formule innovative non riguarda ovviamente solo la parte bassa della classifica ed è necessario soffermarci anche sui piani alti, tenendo presente un fattore che fa del calcio lo sport più politically uncorrect che esista. Quale? Che il calcio, a livello di campionati nazionali, è l’ unico sport dove si alza una Coppa senza prima aver disputato e vinto una finale. Ecco uno dei motivi per cui gli americani non sono tanto affezionati a questo giochino, visto il loro amore viscerale per le Finals, World Series, Superbowl o Stanley Cup di turno.
Ma in effetti, pensiamoci un attimo: per quale motivo una squadra che arriva seconda in classifica un solo punto dietro alla prima, ma che ha vinto entrambi gli scontri diretti magari largamente, deve essere considerata peggiore della rivale, premiata con tanto di Coppa, titolo e scudettino sulla maglia? Forse perché ha qualche pareggino di troppo con squadre di medio bassa classifica? Beh, onestamente sembra un po’ poco per stabilirne l’ inferiorità. E questo principio andrebbe onestamente rivisto. E’ vero anche che la tradizione, a maggior ragione nel nostro paese, è un osso duro da battere e immaginiamo già le facce dei dirigenti dei nostri Club più potenti alla notizia che la propria squadra classificatasi prima con distacco dovrà affrontare un quarto di finale col rischio di essere eliminata e di rovinare sei mesi da campioni. Ci sarebbe chi per la vittoria di stagione regolare e playoffs chiederebbe due scudetti sulla maglia l’anno successivo..
Premesso che prima o poi (più poi che prima) questo sarà probabilmente il futuro del calcio, siamo anche consapevoli che un certo tipo di mentalità sia senza dubbio un bell’ostacolo da superare da questa parte dell’Oceano (non a caso i rari campionati di Calcio con playoffs e Finale sono la MLS e qualche campionato sudamericano come Colombia, Uruguay e Peru), però di contro dovrebbero esserci le televisioni, principali finanziatrici del nostro, economicamente sempre più povero, calcio. Loro si che avrebbero tutti gli interessi ad aumentare la qualità delle partite, magari spingendo per abbassare il numero di squadre nei maggiori campionati lasciando spazio alla postseason, e soprattutto avrebbero l’interesse nel garantire una certa regolarità ai vari tornei. Regolarità che con scontri diretti è certificata, mentre col sistema attuale è ogni fine stagione a forte rischio. Gli esempi sarebbero vari, non si tratta di malafede ma di formula da rivedere: se squadra A e squadra B si sfidano all’ ultima giornata e hanno bisogno entrambe di un punto, perché mai non dovrebbero pareggiare?
Ma proviamo ad immaginarlo uno scenario futuro possibile, magari fra qualche anno, con la nostra Serie A a diciotto squadre, con due retrocesse più un’altra che esce fuori da un playout a quattro (quindi tutte le diciotto squadre verosimilmente coinvolte, con nessuna in vena di regali), le prime otto ai playoffs da disputarsi in gara unica in casa della miglior qualificata e una finalissima in campo neutro. Onestamente, non crediamo che alle nostre televisioni, agli sponsor, agli stessi Club ma soprattutto ai tifosi dispiaccia una sorta di Superbowl all’italiana, un Milan-Juventus allo stadio Olimpico che decide lo Scudetto. Ma crediamo che nemmeno le TV inglesi e i rispettivi supporters dovrebbero schifarsi di fronte ad un City-United a Wembley che vale la Premier. E a voi, non piacerebbe?