Il modello Udinese alla prova del rinnovamento

Alcuni tifosi storici ricorderanno una tiritera del genere: Sarti, Burgnich, Facchetti… Altri ricorderanno la celeberrima Zoff, Gentile, Cabrini… Io provo a stupirvi con questa formazione: De Sanctis, Felipe, Zapata, Luković, Mesto, Inler, D’Agostino, Muntari, Jankulovski, Sánchez, Quagliarella. Che ve ne pare? Sennò potevo dire: Brkić, Motta, Krøldrup, Zápotočný, Dossena, Pepe, Pinzi, Candreva, Lodi, Di Michele, Asamoah. Anche qui non male, no?

D’accordo, è un’accozzaglia di nomi, non una formazione vera e funzionante; oltretutto si tratta di giocatori sparsi lungo un decennio, non in un’unica stagione. Ma sono tutti usciti e lanciati dall’Udinese (Brkić in realtà è l’unico un po’ fuori posto e che deve avere un lancio vero e proprio, attendendo la cessione di Handanovič, e, se date un’occhiata anche rapida ai nomi, capite che stiamo parlando di un lavoro ottimo.

Pensateci bene: tutti giocatori che hanno spiccato il volo, o che comunque sono positivamente transitati proprio dal Friuli; e ho elencato solo i nomi che non figurano più tra i bianconeri (quindi fuori Isla, fuori Basta, fuori Armero, fuori…). Molti dei giocatori passati da Udine hanno visto moltiplicarsi il proprio valore di mercato; qualcuno ha mantenuto le promesse, qualcun altro meno, ma questo è normale.

Una società-modello in una città normale. E anche un sistema: perché, a mia conoscenza, non so di altre società che tengano una squadra B in un altro torneo, e per giunta di prima serie: parlo del Granada, di proprietà della famiglia Pozzo. Svernano lì, con risultati dignitosi, Guilherme Siqueira e Odion Ighalo (per fare solo due nomi che a Udine non hanno sfondato).
Perché per fare affari di mercato occorre talento, ma non è impossibile. La difficoltà maggiore è tutta qui: nel fare affari di mercato e nel frattempo ottenere anche grandi risultati con continuità.

Perché cambiano gli allenatori (Spalletti ha sfondato, Marino ancora no; Guidolin, alla seconda esperienza, finora ha fatto ottime cose), cambiano i responsabili (Pierpaolo Marino, poi Pietro Leonardi, Andrea Carnevale…), eppure i risultati sono ancora egregi. Anche nelle stagioni peggiori (come la prima del dopo-Spalletti, chiusa all’undicesimo posto dopo tre allenatori: Cosmi, Dominissini, infine Galeone) la salvezza non è mai un problema; e quando la ciambella riesce col buco, arriva l’Europa: due settimi posti con Marino (2008 e 2009), il fantastico quarto posto di dodici mesi fa che domenica sera potrebbe persino risultare migliorato (nell’anno della partenza di Zapata, Inler e Sánchez, per gradire).

È un sistema ben oliato: scouting internazionale guidato da un centro-video all’avanguardia, all’Udinese si vive di videocassette (d’accordo, oggi usiamo altri mezzi, ma ci siamo capiti); e se un giocatore comincia a convincere, lo si fa seguire dal vivo. E se sembra quello giusto, lo si segue da vicino, si prendono accordi con la squadra di appartenenza (anche perché è complicato prendere giocatori minorenni in Sudamerica, per esempio). Magari lo si parcheggia in prestito da qualche parte (Muriel al Lecce è solo l’ultimo caso), sennò gli si dà il tempo che occorre per ambientarsi e capire il sistema di gioco italiano e europeo. Poi si ha la pazienza di aspettare.

E così vengono fuori annate esaltanti (Alexis Sánchez è stato uno spettacolo, lo dico per l’ennesima volta) quando alla maturazione di molti si aggiungono alcune sorprese (Armero, per dirne uno), e il ciclo continua: cambiano gli interpreti, non cambia il risultato. O, se cambia, la piazza non soffre nemmeno più di tanto: sa che basta aspettare. È un esempio che tutte le squadre più piccole dovrebbero seguire, per crescere. Perché a invidiare i successi altrui sono capaci tutti; solo pochi, però, riescono a farne una lezione per se stessi. Più facile vivere alla giornata che programmare; anche se è un errore.

Provate a immaginare cosa sarebbe successo in qualsiasi altra piazza italiana dopo la cessione di un difensore fondamentale, dell’attaccante rivelazione del campionato e anche di un centrocampista esiziale (per giunta a una concorrente diretta per i posti subito dietro le grandi): rivoluzione. A Udine no, si guarda avanti e si raccoglie ancora un successo. E sarebbe bello se a risultato acquisito, dopo il novantesimo minuto, a Udine dedicassero il risultato di questa stagione a un giocatore che ha fatto la preparazione estiva con questa squadra: sono passate poche settimane, ma il ricordo di Piermario Morosini è ancora vivo.

Post scriptum. In questo editoriale avevo annunciato che durante gli Europei avremmo avuto di nuovo le Sghimberlo-cronache di Gaetano Allegra. Bene, sono felice di dire che un assaggio lo avrete già la sera del 19 maggio. Avete impegni? No, perché noi saremo occupati a seguire la finale di Champions…