La rivincita della provincia

Mancano soli quattro giorni alla fine del campionato, la Juventus si è già laureata campione d’Italia e Cesena e Novara hanno salutato con anticipo la massima serie. Restano da scrivere, calcio scommesse permettendo, ancora due verdetti: l’ultimo posto utile per la Champions e quello poco ambito per la retrocessione in serie B.Sul podio rischia di salire, ancora una volta, la terribile Udinese di Francesco Guidolin. Penso sia doveroso soffermarsi sull’ennesimo capolavoro compiuto dai friulani: una società che funziona come un orologio svizzero, una programmazione e una competenza tale che perfino la perdita del Sanchez di turno può risultare un dettaglio; una rete di osservatori sparsi per tutto il mondo, perfetti sconosciuti che si trasformano nei campioni dei nostri giorni. Ma questo lo sappiamo da anni, la parola miracolo da tempo non è più associata alla compagine bianconera. Preferisco quindi elogiare con gusto quel gran signore che è Francesco Guidolin, l’educazione fatta persona, una trasparenza stonante nell’artificiale universo calcistico.

Un tecnico che soffre come un cane prima delle partite, un maniacale artigiano schiavo del campo, del lavoro. Tatticamente Guidolin non è inferiore a nessuno, le sue squadre inoltre praticano sempre un bel gioco e danno filo da torcere a chiunque. Un interrogativo mi attanaglia ormai da una vita: perché sulle grandi panchine sono passati cani e porci e non lui? Che sia stato forse penalizzato da un carattere impenetrabile e poco incline ai servilismi? Lo spero. Nel suo Vicenza dei miracoli, quello della Coppa Italia alzata al cielo e della semifinale in Coppa delle Coppe contro il Chelsea, figurava un mediano di nome Mimmo Di Carlo. Non era solo un ruba palloni, partecipava anche alla costruzione della manovra e, soprattutto, teneva in ordine l’intero scacchiere. Il classico allenatore in campo, preludio di un destino inevitabile. Di strada ne ha fatta parecchia il buon Mimmo, vittima solo di una bontà d’animo molta rara nella società odierna; la sua faccia non è propriamente da duro, ha bisogno di avere una famiglia intorno a sé per potersi esprimere al meglio dal punto di vista professionale.

Due annate poco esaltanti nel Parma e nella Sampdoria, storie al contrario bellissime con Mantova e Chievo. Il calcio di Mimmo Di Carlo trova il suo habitat naturale nelle realtà a misura d’uomo, dove la persona viene prima del risultato, dove la vecchietta ti accudisce se hai il raffreddore. E, attenzione, si tratta di un calcio interessantissimo, perché veder giocare il Chievo è nel suo piccolo uno spettacolo: una squadra che occupa il campo alla perfezione e a cui fare gol non è mai semplice, un contropiede manovrato come solo il Napoli in Italia sa fare. Le ripartenze dei veronesi non sono frutto del caso come spesso capita, si nota il lavoro settimanale dell’allenatore su tale specifica situazione. E’ scuola italiana allo stato puro, è un misto tra cervello e pratica insistente; così facendo si crea uno spartito in cui tutti riescono ad interpretare al meglio il proprio compito. Il Chievo, fateci caso, non soffre come le rivali le assenze dei singoli, è un blocco unico e compatto. E’ una favola che prosegue spedita.

Per il presidente Campedelli è passato anche Stefano Pioli, artefice di una splendida stagione a Bologna. Un altro tecnico del Belpaese bravo e preparato, l’ennesima risposta agli esterofili e ai modisti, una delle mie mille domande. Pioli ha fallito una stagione sola, a Parma, per giunta con una società allo sbaraglio prima dell’avvento di Ghirardi. Le sue squadre sono molte solide in retroguardia e non rinunciano a prendere in mano le redine del match: 51 punti a Bologna non li vedevano, guarda un po’ il caso, dal periodo di Guidolin. Ha avuto l’intelligenza di passare alla difesa a tre e consentire così a Mudingay e Perez di giocare allineati. I due formano un’autentica diga a centrocampo, sradicano maree di palloni agli avversari ed offrono maggiore libertà al genio di Diamanti e Ramirez. Al Dall’Ara finalmente si divertono ed è una semplice giustizia, perché Bologna merita una formazione all’altezza del suo blasone calcistico e l’intero movimento necessita di un club tanto importante. Con Pioli i rossublu possono mettere le radici per un futuro da protagonisti, sperando che qualche grande non si accorga di lui.

Il rossoblu, Genoa a parte, si rivela un colore fortunato. Chiedetelo ai tifosi del Catania, in prima pagina da mesi grazie alla splendida creatura di Vincenzino Montella. I siciliani ci hanno regalato sprazzi di grande calcio, sono partiti alla pari contro ogni avversario, incutendo preoccupazione e rispetto. Molte compagini hanno apportato delle modifiche al loro schieramento nelle sfide a Legrottaglie e compagni, etichettati con qualche fondo di verità come un piccolo Barcellona. Il pressing comincia dagli attaccanti, brevilinei e tecnici, per poi coinvolgere il resto del tessuto; Lodi è chirurgico in cabina di regia, Izco e Almiron lo supportano al meglio e fanno sentire la loro presenza in entrambe le fasi; la palla raramente viene alzata dal suolo. Esistono diversi sistemi per incantare la platea se non possiedi tra le tue fila Messi e Xavi, l’interpretazione è decisiva ma va modellata sugli attori. Il risultato può essere ugualmente efficace, ovviamente con le dovute proporzioni. Non era questo che voleva la nuova Roma americana? Invece l’Aeroplanino è stato liquidato senza troppi rancori, in un cambio di rotta di cui solo lui se ne è giovato. Chissà che non sia troppo tardi per riallacciare il filo, un Montella alla Conte sarebbe il traino ideale per l’ambiente romanista.

E che dire di Donadoni e Colantuono? Il primo vince praticamente da due mesi, senza conoscere interruzioni. Ha fatto leva sulla duttilità di molti suoi calciatori, ha plasmato un Parma attento e spietato al tempo stesso, orchestrato da quell’eccelso direttore che è Giovinco e trascinato in volo dai fulmini Biabiany e Jonathan. Una rivincita per l’ex milanista, penalizzato eccessivamente da un fallimento in Nazionale che, numeri alla mano, fallimento non fu. La sua competenza verrà fuori molto velocemente, ne sono sicuro. Il collega Colantuono, invece, a quest’ora sarebbe magari stato distratto dalla corsa alla Champions se non avesse ricevuto sei punti di penalizzazione. Si è dato poco risalto al trionfale cammino dell’Atalanta, troppo quadrata, troppo bella, troppo feroce per lasciarsi abbattere dalle intemperie di uno scandalo. Se fossi al posto del presidente Percassi oserei, con un pubblico del genere ed un allenatore così bravo l’Europa potrebbe diventare un obiettivo concreto. L’ambiente bergamasco è in grado di trasmettere sostegno e grinta, ti mantiene sempre sul pezzo e meriterebbe un salto di qualità.

Dopo lunghe disamine arrivo al punto: la provincia si è goduta i suoi momenti di gloria in questa annata, ha regalato equilibrio e competitività al campionato. Non è più tempo, purtroppo, per favole come quelle del Verona di Bagnoli, il mondo è totalmente assorbito dalla materia e non si intenerisce di fronte alla fantasia. Il calcio da “Clamoroso al Cibali!” è svanito senza che in molti se ne accorgessero o ne patissero eccessivamente. Andare oltre ciò che hanno compiuto nel 2012 le squadre citate sarà quasi impossibile per la provincia. Accontentiamoci e gioiamo per chi riesce a lanciare la sfida ai colossi puntando sull’organizzazione, sulla bravura, sul lavoro e sul prodotto made in Italy: non siamo solo Milan, Juve ed Inter.