La vergogna più grande del calcio italiano, lo scandalo che mette in ginocchio una Passione (sì, di quella con la “p” maiuscola), un’ammissione che vorrebbe lavare la coscienza ma che non fa altro che alimentare lo sdegno altrui, per un inganno che l’Italia pallonara non si meritava. Ci siamo passati già, è vero; ci siamo passati più e più volte sotto questo scandalo, sotto questa vergogna; ma nonostante ciò non ci siamo ancora fatti il callo e, credo, non ce lo faremo mai.
Andrea Masiello ha definitivamente confessato. “Feci quell’autogol per soldi”. In un derby, poi, e non in un derby qualsiasi: Bari-Lecce, uno dei più sentiti, cosa che oltretutto, adesso che l’ex difensore dei galletti è stato arrestato e rinchiuso proprio nel carcere di Bari, potrebbe disegnargli scenari pericolosi. Certo, ci auguriamo che nulla gli accada, perché la Giustizia (anche questa, utopicamente, scritta con lettera maiuscola) deve sempre trionfare, e di Giustizia non si tratta quando si mette in dubbio l’incolumità fisica di qualcuno; però Masiello rischia davvero ora come ora, e anche tanto, dato che è rinchiuso in compagnia della specie meno illustre di tifosi di quella Bari calcistica e non che lui stesso ha tradito per un bel po’ di vile denaro.
A ogni modo, e tornando a discutere sul fatto in sé, ciò che oltre ogni cosa preoccupa dell’intera vicenda è la mancanza di pura civiltà, la totale assenza di frustrazione nel commettere simili reati da parte dei soggetti coinvolti, la completa rinuncia a ogni forma di onestà e di fede nei confronti di una Società, di una città, di una tifoseria che fanno quotidianamente del calcio una filosofia di vita. Io non sono barese, ma conosco, so che tipo di passione esiste da quelle parti, e so che è snervante, febbrile, proprio come nelle più grandi piazze del centro-sud Italia. Un gol in un derby e sei un eroe: un autogol e vabbè, capita, anche se rischi sberleffi e pernacchie dai tifosi avversari. Un autogol VOLUTO è, invece, la tua condanna morale.
Masiello, ovviamente, è comunque solo una delle tante pecore nere in questa storia fatta di vittime, eroi, colpevoli e villani. Uno dei tanti che hanno fatto dell’ipocrisia il loro modus operandi, per far propria una ricchezza fasulla e immediata. Uno dei tanti che ha contribuito ad ammalare il calcio nostrano, rendendolo fragile, sporco agli occhi degli altri. Ma c’è un’uscita? C’è una fine, ci sarà mai, un giorno, un calcio definitivamente vero, pulito, esclusivamente agonistico? Speranza sincera, ambiziosa. Ma irrealizzabile purtroppo, se non si cambierà idea, se esisterà ancora chi in maniera indegna penserà di utilizzare la sua bravura per andare controcorrente, e rompere le uova nel paniere a chi piuttosto cerca di unire utile e dilettevole, praticando dunque la propria passione facendola diventare con fatica il proprio lavoro, la propria vita. Questo è il VERO calcio: passione, e vita. Non lacrime, falsità, ammissioni, e tutte quelle cose orribili che vengono alla mente ascoltando confessioni angoscianti. Guardando oppure, perché no, immagini ipocrite come la seguente.