Allo stadio “Città del Tricolore”, ex “Giglio”, si respira sempre un’aria di modernità. La Reggiana è stata la prima squadra italiana a possedere direttamente un simile impianto, troppo spesso ce ne dimentichiamo. Non solo: all’interno del piccolo gioiello trovano sfogo cinema, sale fitness e vari negozi. Un successo. La compagine granata disputa laggiù le sfide valide per il girone A di Prima Divisione, nel quale combatte per evitare i pericolosi playout.
Sulla panchina reggiana siede Lamberto Zauli, l’ex Zidane della serie B, uno dei numerosi talenti del calcio nostrano che non hanno mai espresso a pieno le proprie qualità. Il fantasista del Vincenza dei miracoli ne è consapevole: nonostante una carriera più che soddisfacente, ammette di aver bruciato un paio di occasioni. Magari la consacrazione assoluta avverrà nelle vesti di tecnico, ruolo intrapreso a Bellaria nell’estate del 2009. A Reggio Emilia, invece, Zauli si è insediato a inizio anno, sostituendo l’ex romanista Amedeo Mangone. Il rendimento è stato discreto, molto passerà dal prossimo scontro diretto di Ferrara.
La città in cui partorì il tricolore italiano, nel 1797, sogna di riavviare il nastro del grande calcio. I magici anni novanta non li ha dimenticati nessuno: i primi passi di Carletto Ancelotti; il campione del mondo Taffarel in porta e il trionfo di San Siro, contro il Milan di Capello. Il fallimento del 2005 sembrava aver tracciato un solco invalicabile per la storia granata, ma la società presieduta da Alessandro Barilli ha saputo rilanciarsi nei meandri della Lega Pro. Adesso la palla è nelle mani del trequartista preferito di Francesco Guidolin: chissà che non trovi l’invenzione giusta anche stavolta.
Mister Zauli, un bilancio sul campionato della Reggiana dal suo arrivo in poi
Innanzitutto voglio sottolineare la splendida accoglienza che mi ha riservato l’ambiente. Giocatori, società e tifosi: la disponibilità è stata massima sin dal primo giorno. Vedo una squadra in crescita, ultimamente ci esprimiamo bene e domenica scorsa abbiamo interrotto il lungo digiuno di vittorie. Ci aspetta uno scontro diretto importantissimo a Ferrara, contro una Spal rilanciata dal successo di Terni. Le somme le tireremo alla fine.
La trasferta ferrarese è propria decisiva?
Centrare un buon risultato sarebbe fondamentale per la classifica. Contiamo tre lunghezze di vantaggio nei confronti della Spal: ogni passo falso può essere letale per chi insegue. Aumentare tale divario, a cinque giornate dalla fine, ci darebbe ancora maggiore slancio nella corsa alla salvezza.
Il vostro migliore cannoniere è Alessi, non esattamente un attaccante. Avvertite l’assenza di un bomber?
Guardi, a me non piace parlare dei singoli reparti per cercare i problemi. Il calcio moderno ha trasformato l’interpretazione di questo ruolo: la squadra è un unico blocco, tutti assieme ci si batte nelle due fasi. Ai miei attaccanti chiedo molto sacrificio, logico che ne risentano sotto porta. Sono soddisfatto del loro contributo.
Personalmente non riesco a spiegarmi come mai Matteini giochi in Prima Divisione. Lei cosa mi dice?
Io le dico che Davide è un ragazzo dotato, sia dal punto di vista fisico che da quello tecnico. Abbiamo addirittura giocato insieme a Palermo, quando lui era un ragazzino della Primavera che si affacciava tra i grandi. Le sue qualità si intravedevano già allora. Probabilmente poteva ottenere qualcosa in più e non sono a conoscenza dei motivi per i quali si ritrova in Prima Divisione. Sono però nel calcio da oltre vent’anni: la tecnica non basta se non è supportata dalla personalità giusta. La concorrenza è molta e non puoi mai fermarti, altrimenti ti sorpassano.
Chi sono i giovani migliori di questo campionato?
Mi piace Falco del Pavia, bravissimo nell’uno contro uno e destinato ad una carriera luminosa. Anche Frascatore, il terzino sinistro del Benevento, non è male. Ovviamente voglio tralasciare i miei.
Quanto c’è di Guidolin nello Zauli allenatore?
Io dico sempre ai miei ragazzi che intendo insegnargli ciò che hanno insegnato a me: non ho la presunzione di credermi un inventore. Ho trascorso cinque anni bellissimi della mia carriera con Guidolin, ho imparato tanto da lui.
La storia del trequartista Zauli è stata bella: poteva esserlo ancora di più?
Molti mi dicono che con le mie qualità dovevo raggiungere livelli più alti. Vale lo stesso discorso fatto per Matteini: a inizio carriera sono stato abbastanza leggero, non ho affrontato le varie situazioni con la giusta intensità. Ho perso qualche treno, però sono riuscito comunque a costruirmi una storia positiva.
Non può negare che alcune delle sue movenze ricordavano Zidane…
Mi hanno sempre etichettato come lo Zidane della serie B, il paragone me lo sono portato dietro per tanti anni. Ovviamente non può che farmi piacere, perché ritengo Zidane uno dei migliori calciatori della storia. Ma lasciamo stare tali accostamenti: parliamo di campioni irraggiungibili.
Quali trequartisti del calcio odierno stima particolarmente?
La figura del trequartista ha subito una mutazione: i calciatori di maggiore qualità spesso partono dalla fascia, mentre al centro del campo trovano spazio gli incursori. Il calcio moderno prevede tali dinamiche, non si può prescindere dalla corsa e dall’agonismo. Secondo me Lamela è fortissimo, però atleti del genere si cerca di trasformarli in mezze punte ormai.
E quanto ha inciso la Roma di Spalletti in tale evoluzione?
Parecchio. Spalletti è stato un pioniere, abile a dimostrare che si può vincere anche senza attaccanti di ruolo. Il suo calcio era fantastico: Totti lì davanti a orchestrare e concludere; gli esterni e uno splendido incursore come Perrotta che si muovevano all’impazzata sull’intero fronte offensivo. Molte compagini hanno provato in seguito a costruire sulla base di questo esempio.
L’attaccante con cui si è trovato meglio?
Sono i movimenti dell’attaccante a fare le fortune di un trequartista. Io posso solo ringraziare gente come Toni, Cruz e Signori: Luca segnava venti gol a stagione, Julio è stato un attaccante moderno e completo e su Beppe, beh, cosa dire? Con loro era tutto più facile, mi ritengo un privilegiato.
La qualità della Lega Pro si è alzata rispetto all’anno scorso?
Può darsi, anche se in ogni caso si tratterebbe di un miglioramento lieve. Io sono in queste categorie da poco, non posso fare il saputello e giudicare in maniera perentoria. Le buone giocate si sono sempre viste: la Lega Pro non ha mai smesso di regalarci emozioni e sorprese.
Ma tutti questi giovani allenatori in giro?
Non so da cosa dipenda, son0 sincero. Da una parte credo ci sia la moda del “guardiolismo” e si cerchi di scovare il nuovo fenomeno della panchina; dall’altra, invece, si può trattare di una normale ideologia calcistica: così come si offre spazio ai giovani calciatori, allo stesso modo si lanciano gli allenatori emergenti.
E se riducessimo le squadre per stabilizzare la situazione economica della Lega Pro?
Io sarei sicuramente d’accordo. La crisi del paese ha coinvolto ogni settore, il calcio è ai primi posti perché le società sono gestite da imprenditori. La situazione delle aziende è sotto gli occhi di tutti. Urge trovare un rimedio a questa piaga.
Quali sono le aspirazioni professionali di Lamberto Zauli? Cos’altro c’è nel cassetto dei sogni?
L’obiettivo non è mutato: voglio arrivare più in alto possibile, senza pormi limiti. Bisogna ambire sempre al massimo, credo sia giusto per ogni essere umano. Avevo lo stesso pensiero da calciatore e oggi, nonostante sia maturato e veda la professione in maniera diversa, non mi discosto da tali pensieri. Spero che questo nuovo ruolo diventi il mio futuro: sarà difficile ma ci proverò con tutte le mie forze.
Cosa ne pensa del progetto Lega Pro avviato da Mondopallone?
E’bello sapere che esiste un’opinione pubblica attenta e premurosa nei riguardi delle categorie inferiori. Voi fate parlare i tecnici: lavoratori passionali e, soprattutto, gente vera. La Lega Pro è una risorsa fondamentale per il calcio italiano. Complimenti!