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ESCLUSIVA MP – Vincenzo Esposito: “Prato è casa mia, una questione di cuore”

Intrecciare cuore e lavoro non è mai semplice, a qualsiasi livello. Vincenzo Esposito appare come una mosca bianca nell’ambiente, così quieto e appagato nella sua Prato. Torinese di nascita ma toscano d’adozione: è il destino dell’ex calciatore della Lazio, uno degli artefici della miracolosa salvezza conquistata con Fascetti in panchina. Nove punti di penalizzazione. Serie B.

Esposito ha chiuso la carriera da centrocampista proprio a Prato, stringendo un legame indissolubile con la città e con il presidente Andrea Toccafondi. Ciò gli è valso la possibilità di intraprendere subito il nuovo percorso della panchina, condito da un esordio lungo sei anni alla guida dei biancoazzurri. Nel 2004 inizia un breve pellegrinaggio: Grosseto; Albinoleffe; Primavera interista e Ravenna le tappe dell’Esposito in giro per il mondo. Tutto bello fino a quando la nostalgia non ha preso il sopravvento, creando le condizioni per un ritorno nella seconda città più grande della Toscana.

Il Prato detiene il record di campionati in Lega Pro, è la compagine veterana della categoria. I tifosi del Lungobisenzio, in estate, hanno goduto per il ripescaggio in Prima Divisione, nel girone B. Il presidente Toccafondi ha costruito una formazione giovane, con il semplice obiettivo della salvezza; attualmente la truppa di Esposito staziona appena fuori dalla terribile zona playout. Consolidare la posizione è il primo pensiero dell’ex mentore dei talenti nerazzurri, maestro di Balotelli e Santon, di Bonucci e Destro. Uno che ci sa fare.

Un bilancio del campionato sin qui disputato?

E’ un campionato in linea con le nostre aspettative. Siamo stati ripescati e quindi l’obiettivo è quello della salvezza. Adesso stiamo lottando per evitare i playout: abbiamo buone possibilità di farcela e ci proveremo fino all’ultimo.

Al Prato manca forse un bomber?

Le reti sin qui siglate sono suddivise tra molti calciatori; Pisanu, pur non essendo un attaccante, è andato in gol otto volte. E’pero vero che nella rosa si nota l’assenza di un centravanti da dieci sigilli a stagione: saremmo riusciti, in caso contrario, a trasformare alcuni dei numerosi pareggi in vittorie.

Avete molti giovani in squadra e in particolare si parla bene di Dametto…

Dametto è un difensore del 93, protagonista di un ottimo campionato. E’ bravo, inoltre possiede ancora ampi margini di miglioramento. Un ragazzo da seguire.

Il Prato detiene il record di campionati disputati in Lega Pro. Lei si è legato a questa società da anni: si è mai pensato acompiere un salto di categoria?

E’un chiodo fisso che ci accompagna da tempo. Devo precisare, innanzitutto, una cosa: nel calcio odierno non è facile nemmeno mantenersi costantemente in Lega Pro senza incappare in fallimenti. Quindi la mia società merita solo elogi. Ammetto poi che sono esistite un paio di annate in cui un pensierino alla serie B lo abbiamo fatto. Purtroppo non è andata come speravamo.

Gli allenatori che credono in un girone B più competitivo rispetto all’altro danno il merito di ciò alle compagini di bassa classifica. Qual’è il suo pensiero?

Solitamente non mi faccio mai prendere troppo da queste discussioni: a me piace il calcio giocato. Oggi è tutto falsato, tutto difficile a causa dei fallimenti, degli stipendi non pagati e delle penalizzazioni; i protagonisti finiscono per essere eclissati. Le dico solo che nel nostro girone sono venute in estate tutte le retrocesse dalla serie B e questo, forse, ha inciso nelle valutazioni e nell’andamento del torneo. Anche nel girone A c’è però molto equilibrio e tante squadre sono ben attrezzate.

Da calciatore fu uno degli eroi del meno nove laziale. Ricordi?

Ho avuto una carriera discreta ma piena di soddisfazioni. Quello di Roma è un anno che ricordo con un piacere particolare, perché riuscimmo in un’impresa sportiva. Ci salvammo nonostante la dura penalizzazione: fu una gioia immensa per il popolo laziale. Il nostro era un grande gruppo, il quale purtroppo è stato scemato dalla morte di una persona come Giuliano Fiorini. 

Della Lazio attuale che idea si è fatto?

Lotito sta lavorando bene, molto bene. Credo ci siano tutte le premesse per consolidarsi ai vertici e, allo stesso tempo, ambire a un passaggio successivo: la Champions League. Non parlo di scudetto perché, a mio avviso, sarà appannaggio sempre e solo di quelle tre.

Come mai si è legato indelebilmente al Prato?

Gli avvenimenti capitano e basta, senza un motivo preciso: la vita è così. Capitai qui nella mia ultima esperienza da calciatore, trovando un presidente fantastico che è lo stesso di oggi. Prato è casa mia, ogni tanto sento l’esigenza di tornare e guidare la squadra per la quale faccio il tifo. Prato è una questione di cuore.

Bello lavorare con il vulcanico Camilli?

(ride) E’ stata un’annata intensa, molto importante. Da neopromossi restammo a lungo nelle prime tre posizioni, andando così oltre le aspettative della società. Camilli è un presidente vulcanico ma io non ho rimpianti: lavorai bene a Grosseto.

Vincenzo Esposito è stato l’allenatore di Balotelli e Santon nella Primavera dell’Inter: perché questi ragazzi ancora non esplodono secondo le loro qualità?

Ho allenato Mario e Davide ma non solo: i vari Obi, Bonucci, Destro, Caldirola sono stati tutti miei allievi. L’Inter ha sempre avuto un settore giovanile fortissimo. Detto questo, posso tranquillamente affermare che il problema di Mario lo conosciamo tutti; non ci si può affidare esclusivamente alle qualità tecniche, nel calcio non basta. Quando lo capirà diventerà un campione assoluto. Per Davide, invece, il discorso è più complesso. Credo sia arrivato troppo presto al grande calcio, senza compiere quel passo intermedio che ti fortifica come uomo e calciatore. Adesso ha soltanto bisogno di accumulare esperienza: è forte comunque, in una squadra di media classifica lo prenderei sempre.

Visto che di giovani se ne intende, quali sono i migliori di questa Lega Pro?

Il girone B ci ha regalato un panorama vario in materia giovanile. Se guardo in casa mia posso osservare i grandi progressi di Dametto e Benedetti, ma voglio citare due ragazzi dell’Alto Adige: Fischnaller e Iacobucci. Mi hanno stupito.

Però i grandi club ignorano abbastanza un serbatoio come la Lega Pro…

Sappiamo quali sono le complicazioni del caso, inutile elencarle. Mi piace però guardare avanti, all’Under 21 di Ciro Ferrare che convoca tre ragazzi provenienti dalla Lega Pro. Oppure all’Under 20, in cui il numero aumenta notevolmente. Un passo in avanti c’è stato, adesso bisogna risolvere i problemi relativi al calcio non giocato, quello che mi disgusta e che penalizza l’intero movimento.

La considerazione da parte dell’opinione pubblica è secondo lei cresciuta?

Sì, noto un interesse crescente nei confronti della nostra categoria. Siti come Mondopallone fanno le fortune della Lega Pro, per non parlare poi della grande vetrina visiva offerta da Sportitalia. Il calcio importante è quello di serie A, è ovvio, ma l’attuale Lega Pro vede coinvolte numerose città importanti, con un bacino d’utenza abbastanza ampio. La categoria più in crisi, al momento, è la serie B.