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ESCLUSIVA MP – Giorgio Roselli: “Il Pavia è sulla strada giusta. Che bravo Falco!”

Giorgio Roselli è un tecnico abituato alle grandi imprese: a Cremona trascinò la squadra locale dalla C2 alla B; tornò un paio di anni dopo e riuscì a salvarla in una situazione disastrata. Da calciatore  contribuì alla rinascita della Samp nei primi anni 80. A Pavia è subentrato in corsa, il 20 gennaio, trovando un gruppo che fino a quel momento aveva ottenuto una sola vittoria. Adesso i lombardi se la giocano con tutti, sperando in una miracolosa salvezza.

Penultima nel girone A della Prima Divisione, la squadra dell’ex capitale del Regno longobardo annovera tra le proprie fila un talento dal futuro scritto: Filippo Falco, centrocampista del 92, di proprietà del Lecce. Roselli ne parla come di un predestinato, confidando nella sua vena per risollevare le sorti della società azzurra.

A Pavia sfiorarono la serie B sei anni or sono, uscendo sconfitti solo ai playoff. Da ricordare la magica vittoria del 2 ottobre 2005, a Marassi, contro il Genoa. I lombardi sbancarono il capoluogo ligure con una rete di scarto, pareggiando poi nella gara di ritorno al “Fortunati”. Pagine importanti del passato; adesso bisogna aggiornare l’almanacco: tocca a Giorgio Roselli.

Mister, la classifica è deficitaria ma il suo arrivo ha trasformato il Pavia. L’impresa è possibile?

Certo, altrimenti sarei rimasto a casa. Ci credo molto perché la squadra è in crescita, siamo reduci da quattro punti in due partite e stiamo bene. Sappiamo che sarà dura, inutile nascondersi, ma ce la giocheremo fino alla fine.

Pensate addirittura a evitare i playout?

Direi di no, è un discorso che non ci riguarda. La matematica tiene viva questa possibilità, però il nostro pensiero deve essere quello di aumentare il vantaggio sul Foligno e di pensare partita dopo partita. Domenica andremo a Vercelli, contro la terza in classifica, e dovremo fare a meno di Falco e Fasano, due pedine fondamentali.

Qual’era il problema principale di questo gruppo?

Io sono subentrato a gennaio e non posso sapere cosa accadeva prima della mia gestione. Ho trovato una squadra che si era abituata a non vincere mai, dopo venti giornate i punti in classifica erano solo nove. Adesso i ragazzi hanno recuperato l’autostima: il pareggio con la Ternana della scorsa settimana è stato importante per un ulteriore salto a livello mentale.

E’più facile per un allenatore dare la scossa quando subentra?

Nel caso specifico rispondo negativamente, visto che sono il quarto tecnico stagionale per il Pavia. In generale, invece, credo nel ruolo primario recitato dai calciatori: sono loro a determinare le fortune di un club, specialmente se bravi. L’allenatore può incidere sulla testa e sul cuore, come fece Mourinho all’Inter con Eto’o. Ricordo che l’attaccante, quando il portoghese andò al Real Madrid, disse che non avrebbe mai più giocato da terzino. Ecco, questo è il lato in cui si vede maggiormente la mano di un tecnico.

Si parla benissimo del vostro centrocampista Falco. Che giocatore è?

Falco stupisce soltanto chi non lo conosce. Innanzitutto è di proprietà del Lecce, quindi parliamo già di una società importante, e poi possiede una dote fondamentale, sempre più rara nel calcio odierno: si diverte a giocare, soprattutto in allenamento. Arriverà sicuramente in serie A.

Oltre a Falco, quali altri giovani del campionato le sono piaciuti?

Le assicuro che ce ne sono molti, tutti validi. Il nostro pensiero è alla sfida con la Pro Vercelli, quindi le cito tre ragazzi dei piemontesi: Iemmello, Carraro e Masi. Stanno disputando un campionato di alto profilo.

Parliamo di tattica: nota qualche novità? 

So bene che i giornalisti ricercano sempre qualcosa di diverso, è giusto così. Dal punto di vista personale, posso ben dire di praticare un gioco semplice. Il calcio è uno solo, può essere espresso attraverso varie sfumature ma non c’è mai nessuna novità. Noi tecnici delle categorie inferiori, inoltre, dobbiamo mantenere la nostra identità. Cercare di imitare i grandi allenatori sarebbe dannoso.

Trova delle differenza qualitative tra i due gironi di Prima Divisione?

Direi di no, vedo un grande equilibrio. Il girone B si distingue perché sta registrando il primato di una squadra rivelazione, da nessuno indicata tra le favorite in estate. Molte società avevano investito in maniera concreta: Trapani e Siracusa continuano a ribaltare ogni pronostico.

Il suo nome è indelebilmente legato a quello della Cremonese. Il ricordo più bello dell’avventura in grigiorosso?

Cremona è una pagina importante della mia carriera: ho vissuto due esperienze bellissime, in periodo diversi. Ricordo soprattutto la seconda, quando subentrai a stagione in corso e riuscii a salvare la squadra dalla retrocessione in Seconda Divisione. La Cremonese rischiava di naufragare, invece il presidente Arvedi trovò nuovo entusiasmo e costruì un centro sportivo di primo livello. I tifosi ancora mi ringraziano. Della doppia promozione dalla C2 alla B non dico nulla per un semplice motivo: è facile diventare bravi dopo aver vinto.

Dopo quella doppia promozione andò a Grosseto. E’difficile lavorare con un presidente come Camilli?

Non posso dire di aver lavorato con lui: feci solo tre partite a Grosseto. Io sono abituato a svolgere la professione in un certo modo, i piedi in testa non me li faccio mettere da nessuno. Però la colpa è stata mia, perché non ho il carattere adeguato per convivere con un presidente del genere. A Camilli non rimprovero nulla.

Da calciatore vestì le maglie di Inter e Sampdoria. Un commento sull’attuale momento dei due club?

Sono dispiaciuto per entrambe. L’Inter magari avrà sbagliato qualcosa negli ultimi due anni, ma di certo nessuno si aspettava un simile rendimento. Capitolo Sampdoria: vivo a Genova, la situazione mi colpisce particolarmente. In serie B, con una tale città alle spalle e ventimila abbonati, si deve fare meglio. Ma i blucerchiati hanno ancora tempo per raddrizzare l’annata.

A proposito di Samp: suo figlio Mattia esordì in serie A proprio con la società di Garrone. Come mai adesso gioca in serie D?

Ha tentato il successo ma non gli è andata bene, il calcio è difficile. Alcuni dicono che il suo problema sia stato chiamarsi Roselli, ma non credo. Mattia adesso studia Scienze Motorie e continua a giocare divertendosi: la cosa importante è che sia felice.

Soddisfatto dell’attenzione che l’opinione pubblica dedica alla Lega Pro?

Abbastanza soddisfatto, i miglioramenti si intravedono. Serie B e Lega Pro attirano un pubblico molto più vasto rispetto al passato. Bisognerebbe attuare una riforma pari a quella dei campionati esteri: in Italia arriviamo sempre dopo a certe cose, ma sono sicuro che un cambiamento prima o poi si verificherà.

Se si riducessero le squadre?

Non sono d’accordo: se ci fosse serietà e realismo da parte di tutte le componenti, il numero degli iscritti sarebbe indifferente. Non si possono costruire delle corazzate se dietro non c’è un’adeguata copertura economica; ognuno deve spingersi fino al limite delle proprie possibilità. Poi vince chi è più bravo.