Un disastro targato Della Valle

“Si è esiliato Dante, poeta divino. Figuriamoci te, illustre ciabattino”. L’ironia dei fiorentini non ha eguali: con arguzia e intelligenza colpiscono in fondo, nell’anima. Riporto il testo di uno striscione esibito negli ultimi scorci del 2011, con destinatario Andrea Della Valle, il patron della società viola.Una storia cominciata nove anni or sono, nella calda estate del fallimento Cecchi Gori. La serie C2 fu il primo sfondo della nuova era fiorentina, caratterizzata da un’ascesa irrefrenabile verso i palcoscenici più consoni ad una realtà così importante.

E’ un atto dovuto chiedersi perché i cervelli della curva Fiesole si siano tanto adoperati contro mister Tod’s, l’uomo della salvezza prima e della rinascita poi, il fautore dell’incantevole quinquennio Prandelli e delle magiche notti europee. Quel benefattore appare adesso, agli occhi del capoluogo toscano, come il più folle degli autolesionisti, il primo responsabile di un disastro in cui incompetenza e dismissione economica se la battono alla pari. L’attuale Fiorentina è uno scempio calcistico, un gambero impazzito ignorante dell’avanzata, una gara eterna a chi fa peggio. Inutile nasconderlo. La famiglia Della Valle ha il dovere di rispondere a un fiume di domande: è una necessità impellente, Firenze possiede ogni risorsa per ripartire. Ancora una volta.

Il disfacimento di una creatura tanto ammirata dipende da ragioni pecuniarie? Farsi da parte, in tal caso, sarebbe il minimo. Raccogliere i ringraziamenti e subire le prediche per un’epopea comunque incancellabile, oppure dimenticare i recenti obbrobri e rifondare la struttura intera. Due sole opzioni, implicanti entrambe un taglio netto col grigio presente che attanaglia un territorio fiero e appassionato. Se il problema non è economico, si rischierebbe di affogare in un oceano di “perché”. Perché Corvino è stato abbandonato al proprio destino, smontato di qualsivoglia strumento per fronteggiare la concorrenza sul mercato? Perché Teotino, l’addetto stampa, ha voluto fare il fenomeno attirandosi le antipatie della gente? Qual’è il ruolo di Guerini all’interno di un’organigramma già di per sé complesso?

Il lato tecnico merita l’intervento di uno specialista, uno psichiatra in grado di cogliere l’origine di idee oltremodo scellerate. La Fiorentina gioca da secoli con gli stessi difensori, non si è mai superata per rinforzare un reparto cruciale con uomini di una certa caratura. Anche quando affrontava la Champions League. Gamberini, Dainelli, Kroldrup e Natali. Gente che, con il massimo rispetto, non sarebbe certa del posto fisso neanche nelle squadre di medio – bassa classifica. E’ stato ingaggiato un talento come il 18enne Nastasic, catapultato subito nella mischia da Delio Rossi ma, ovviamente, ancora acerbo. A sinistra Pasqual tira avanti la carretta da anni, macina chilometri senza avere un’alternativa alle spalle. Anzi, una c’era fino a gennaio: Gulan.

A centrocampo si avverte l’assenza di un mediano sin dai tempi di Felipe Melo. Arrivano i vari Olivera, Lazzari, Munari e compagnia bella, ma in quel ruolo si deve arrangiare Behrami, il quale farebbe la fortuna di qualsiasi allenatore se avesse la possibilità di dedicarsi a entrambe le fasi. Vogliamo parlare dell’attacco? Una piaga patita già nell’era Prandelli, quando alle spalle dell’ex bomber Gilardino c’era il vuoto, come a dire che per la panchina andrebbe bene anche Gene Gnocchi. Si ingaggia un “desaparecido” come Amauri, inattivo da mesi, ma non si pensa ad un concorrente valido per aiutare l’ex juventino a ritrovare sé stesso. Risultato? La Fiorentina non segna mai. Però subisce: infatti è stato allontanato quasi con liberazione il signor Frey per fare posto a Boruc, non esattamente un fenomeno.

L’interrogativo più profondo ha invece radici diverse, nasce dall’ostinazione nel trattenere personaggi malinconici, senza stimoli e senza più nulla da offrire per la causa gigliata. Perché Montolivo, Vargas, Cerci, De Silvestri e Natali sono ancora a Firenze? Il loro corpo si allena con Delio Rossi, la mente chissà. E così l’obiettivo stagionale è diventato quello della salvezza, complicata fino all’inverosimile. Cancellare tale vergogna; ringraziare e congedare chi non centra più nulla con questa maglia; costruire assieme ad un signor tecnico, Delio Rossi, una compagine almeno in grado di battersi per l’Europa League e assemblare una dirigenza di un certo livello. Oppure togliere il disturbo. A vincere, in ogni caso, dovrà essere la città: a Firenze basta poco per rinascere.