Parla l’ex calciatore Andy Scott: “in Inghilterra pochi controlli medici”
Negli occhi degli sportivi e non solo di tutto il mondo è ancora fortissima la commozione e l’incredulità per quanto accaduto sabato scorso durante la partita di Fa Cup tra il Tottenham ed il Bolton, quando al 41′ del primo tempo, Fabrice Muamba, centrocampista della squadra ospite, si è accasciato improvvisamente al suolo colto da un infarto. Trasportato al London Chest Hospital, il giovane calciatore resta in condizioni stabile, ma critiche, anche se i medici, secondo le ultime indiscrezioni, appaiono più ottimisti dato che il cuore del ventitreenne ha ripreso a battere senza l’ausilio dei farmaci e Muamba sembra muovere braccia e gambe.
Ora, a parte il fattore emotivo, in Inghilterra ci si interroga su come sia stato possibile che a un atleta della Premier League, sottoposto a controlli, sia potuta capitare una cosa del genere. In realtà, da quanto emerge, la situazione relativa alla salvaguardia dell’integrità fisica dei calciatori inglesi non è così ferrea come ci si potrebbe aspettare. A svelare alcuni retroscena inquietanti è stato Andy Scott, ex calciatore professionistico che ha vestito, tra le altre, anche la gloriosa maglia dello Sheffield United.
In riferimento a quanto accaduto sabato scorso a “White Hart Lane”, Scott, che attualmente è allenatore del Rotherham United, formazione della League Two, la terza serie inglese, ha dichiarato che in Inghilterra non vengono effettuati accurati test, come ad esempio ecografie o elettrocardiogrammi, atti a rivelare anomalie o malformazioni che possano mettere in pericolo la saluta degli atleti. In un’intervista ripresa dal sito de “La Repubblica”, l’ex calciatore riporta la sua storia personale: “Nel 2005 quando giocavo per il Cheltenham ho avvertito forti dolori al petto e mi è mancato il respiro. Successivamente mi è stata diagnosticata una rara forma di cardiopatia“.
“In tutti i controlli medici che mi erano stati fatti non ho mai fatto un’ecografia o un elettrocardiogramma, pur avendo giocato da professionista per dodici anni. Da allora – continua Scott – mi sono impegnato per convincere la Football Association e l’associazione giocatori inglesi a rendere obbligatori test del tipo che si fanno in Italia. Se lo fa la serie A, non capisco perché non possa farlo la Premier League, con tutti i soldi che ha”.
Una situazione davvero paradossale per la ricca Premier League e che, al contrario, mette una volta ogni tanto in buona luce i rigidi controlli che vengono effettuati in Italia. Pensate cosa sarebbe potuto accadere se, invece di giocare nella Serie A italiana dove gli fu riscontrata una malformazione al cuore, il nigeriano Nwankwo Kanu avesse calcato direttamente i campi di gioco inglesi. Probabilmente, stando alle parole di Scott, nessuno si sarebbe accorto del problema del calciatore africano che, forse, sarebbe andato incontro a conseguenze simili a quelle di Muamba.