ESCLUSIVA MP – Michele Serena: “Lo Spezia guarda al primo posto. La mia carriera da calciatore? Senza infortuni sarebbe stata diversa”
La Lega Pro non va mai in vacanza sulle pagine di Mondopallone. A La Spezia si respira aria di grande calcio: una rosa da urlo e tanta voglia di abbandonarsi al fiume delle ambizioni. I sogni di gloria rischiavano di naufragare prima dell’arrivo di Michele Serena, uno degli ex terzini migliori del recente passato italiano. Subentrato a Elio Gustinetti, il fluidificante che tanto piaceva a Trapattoni ha rivitalizzato un gruppo dalle enormi potenzialità.
Spezia terzo in classifica nel girone B di Prima Divisione, a otto lunghezze dalla capolista Trapani. I playoff sono a portata di mano, ma Serena punta in alto e mira a raggiungere i siciliani al vertice del campionato. Elementi come Vannucchi, Iunco, Testini, Madonna, Marotta ed Evacuo non rientrano nelle possibilità di tutti: vincere per la città delle “Cinque Terre” è un obbligo.
La storia narra di uno scudetto nel 1944, durante gli ultimi scorci della guerra. I “Vigili del fuoco della Spezia”, formazione allestita in piena emergenza e a causa della scarsezza di uomini disponibili, sbaragliarono la concorrenza di quello che si apprestava a passare ai posteri come il “Grande Torino”. La federazione macchiò il miracolo: la vittoria fu riconosciuta solo dalle statistiche perché si considerò falsato il torneo. Michele Serena, già indossatore delle maglie di Fiorentina, Atletico Madrid, Parma e Inter, ha il compito di aggiornare l’almanacco alla voce riguardante Spezia.
Spezia a meno otto dal Trapani: cullate qualche speranza di agganciare la vetta o pensate solo a conservare la posizione valida per i playoff?
Al primo posto ci pensiamo, inutile nasconderlo. Domenica scorsa non abbiamo sfruttato a dovere lo stop del Trapani, però credo ci sia ancora la possibilità di riuscire nell’impresa. Dipende tutto da noi e dalla nostra bravura: quando gli avversari rallentano dobbiamo assolutamente approfittarne. Cerchiamo di fare il massimo e se poi gli altri saranno più bravi di noi gli stringeremo la mano.
La rosa dello Spezia, almeno sulla carta, non è seconda a nessuno. Questa squadra ha finora deluso una parte delle aspettative?
Concordo a metà. Se si considera la stagione nel suo complesso, allora rispondo positivamente. Ma io devo valutare ciò che i ragazzi hanno fatto dal mio arrivo in poi: eravamo quartultimi e adesso ci ritroviamo in terza posizione; la nostra difesa è la migliore del campionato; i punti realizzati da quel giorno sono gli stessi delle prime due. Il mio bilancio è positivo.
Parlavamo di una rosa importante, composta da tanti calciatori con un passato nelle categorie superiori. Citiamo come esempio Vannucchi: è difficile per lui trovare gli stimoli giusti in Prima Divisione?
Il problema può sicuramente verificarsi, è una cosa umana. Riconsiderando la storia di Ighli, però, affermo che il ragazzo sta dimostrando una professionalità ineccepibile. Magari all’inizio non sarà stato semplice per lui, ma attualmente è calato a pieno nella realtà Spezia. Non sono a conoscenza dei motivi che lo hanno spinto a scegliere questa società, ma ci sta fornendo un contributo importante. E poi le sue doti tecniche e il suo passato parlano da soli: non dobbiamo certo scoprire noi la forza di Vannucchi.
Il giovane rivelazione del vostro campionato?
Il nostro centrocampista Lollo, del 90, è molto bravo. Chiricò del Lanciano, invece, sta impressionando tutti: delle sue qualità si discuteva da tempo, ma lui ha dimostrato di essere ancora migliore. Bisogna insistere sull’utilizzo dei giovani, perché i nostri sono bravi e rappresentano una risorsa importante per l’intero movimento. L’esempio della Lega Pro, in questo senso, è ragguardevole.
Il livello della Prima Divisione si è alzato e il girone B è quello più competitivo. Concorda?
Si, soprattutto per quanto concerne la seconda affermazione. La lotta al vertice è durissima da noi, molte squadre sono state costruite per vincere il campionato. Nessuno si è nascosto in estate. Pure le ultime della classe danno filo da torcere a chiunque. In conclusione: ogni partita è una battaglia.
Mister, l’anno scorso lei prese il Grosseto in una situazione drammatica e lo indirizzò ad una salvezza tranquilla. Come mai è finita così presto la storia tra lei e Camilli?
A Grosseto mi sono trovato benissimo e con il presidente ho avuto, e conservo tuttora, un ottimo rapporto. A fine stagione ci siamo confrontati e abbiamo capito che non c’erano le condizioni per proseguire assieme. Questo non cancella tutto ciò che di buono c’è stato: le nostre strade si sono semplicemente divise.
La sua carriera da calciatore, pur condizionata dagli infortuni, è stata ottima. Rimpianti?
Di infortuni ne ho avuti davvero troppi. Mi ritirai presto, a 33 anni, che quasi non riuscivo più a stare in piedi; alcuni malanni fisici te li porti dietro in eterno e danneggiano le tue prestazioni. La mia carriera mi soddisfa, ci mancherebbe, ma poteva di certo essere ben diversa. Peccato.
La stagione nell’Atletico Madrid si può definire come la migliore della sua storia?
Non se sia stata la migliore perché anche negli anni di Firenze feci molto bene. Sicuramente quella di Madrid è stata un’esperienza importantissima: all’epoca gli italiani raramente mettevano il naso fuori dalla Penisola. In un certo senso io e Bobo (Vieri) fummo i pionieri. Un ricordo piacevole per me. (N.B. Serena sbarcò a Madrid nel 98, assieme a Bobo Vieri. Un solo anno per lui a Madrid: giocò da titolare fisso e ottenne una convocazione in nazionale)
Dov’era il 5 maggio 2002?
A Roma. Giocavo nell’Inter e perdemmo lo scudetto contro la Lazio. Io stavo in panchina.
Che ricordi ha di quella giornata?
Di quella giornata ho un non ricordo. Osservavo la partita incredulo, non capivo cosa stesse accadendo. Si può quasi dire che non abbia visto la sfida. Nella memoria rimane la fortissima delusione al fischio finale: un epilogo così triste non si dimentica.
Ha avuto parecchi allenatori importanti. Cosa le hanno lasciato in eredità?
Annoverare tra i propri tecnici gente come Malesani, Lippi e Trapattoni è una grande fortuna. Io posso definirmi un mix tra loro e gli altri: ovviamente ci metto anche del mio, altrimenti farei un mestiere diverso. Decisiva è la gestione del gruppo, ossia ricordare quello che ti creava fastidio da calciatore e non riproporlo nelle nuove vesti.
Da ex terzino ci dica quali sono i migliori specialisti del ruolo in Italia
Voglio citare due terzini poco acclamati: Pasqual e Mesbah. Uno è più esperto, l’altro più arrembante. Mi piace la loro interpretazione del ruolo.
Vede novità a livello tattico nel calcio italiano?
Le novità provengono dalla Spagna, sponda Barcellona. In Italia ci regala qualcosa di diverso la Roma, ma non dal punto di vista strettamente calcistico. La metodologia lavorativa di Luis Enrique è differente dalla nostra: assieme a lui sta compiendo un netto salto di qualità l’ambiente intero, paziente come non mai nei confronti della squadra. La dirigenza giallorossa è bravissima, crea le condizioni ideali per il suo tecnico; realizzare le proprie idee in un simile contesto è più facile. Un esempio da cui tutti dovrebbero prendere spunto.
In conclusione: i problemi maggiori della Lega Pro e la sua proposta per una pronta risoluzione
Sono monotono se parlo di stabilità economica delle società? Si tratta di un fenomeno complesso, fortemente penalizzante per il sistema. Ho vissuto esperienze del genere a Venezia e Mantova, in serie B. Vi assicuro che non è facile: ci vorrebbe una maggiore rigidità da parte dei vertici.
I suoi colleghi suggerivano di ridurre il numero delle squadre.
Voglio andare controcorrente, il problema non è questo a mio avviso. Bisogna fare in modo che al campionato si iscrivano solo determinati club, in grado di assicurare una sufficiente forza economica. Una società calcistica è ormai un’azienda, al cui interno trovano sfogo sponsorizzazioni e dipendenti. Occorre intransigenza con le aziende inadeguate: altrimenti ci ritroviamo con le penalizzazioni e gli stipendi arretrati, piaghe che falsano i tornei. Risolta la situazione, il numero delle squadre diventa indifferente e va stabilito da chi di dovere.