Il saluto dei 70.000 alla fine della seconda grande Inter: l’applauso della commozione.
La fine di un ciclo, la fine di un’era, la fine di un sogno lungo 6 anni. I tantissimi tifosi di San Siro e non solo hanno voluto tributare ai loro eroi un finale degno di lode per una favola che ha portato l’Inter a dominare il mondo calcistico. La squadra di Mourinho, di Zanetti, di Cambiasso, di Julio Cesar, di Milito, di Eto’o e di Moratti, ancora, prende congedo dopo tante battaglie vinte e lascia spazio al futuro, a chi verrà in cerca di nuove vittorie e nuove imprese in giro per il globo.
Il gol di Brandao ieri sera è stata una sentenza inappellabile. Quello di Milito ad un quarto d’ora dalla fine sembrava il canto del cigno di tanti guerrieri che volevano a tutti i costi ritardare la fine del loro impero. Ma non è bastato. Nell’eliminazione di ieri c’è tanto di retorico, di patetico ma anche di terribilmente vero: un attimo fatale, quella palla che rotola in fondo alla rete e di colpo si materializza la realtà, come sospesa nel vento nei giorni di tante epiche imprese.
Guardare al passato ora non serve più: nel calcio come nella vita ogni vicenda, negativa o meravigliosa che sia, ha un suo incipit e una sua conclusione. Quel che serve ora è ripartire, ritentare, rinnovare, riprovare ad agguantare il sogno. Lo vogliono quei 70.000 che ieri in lacrime hanno dato l’ultimo abbraccio ai rappresentanti della leggenda, lo pretendono tutti quei tifosi che giorno dopo giorno continuano ad amare un’idea chiamata Inter. Ogni squadra invincibile deve prima o poi cedere il passo: è stato così per il Real Madrid di Alfredo Di Stefano e Puskas, per la Grande Inter di Mazzola, Suarez, Facchetti e Angelo Moratti, per l’Ajax di Cruyff, per il Liverpool di Shankly, Paisley e Fagan, per il Milan di Sacchi e di Capello. Sarà così anche per il Barcellona di Guardiola e Messi e ieri sera lo è stato per l’Inter di Massimo Moratti e di Zanetti.
La notte del 13 marzo 2012 verrà ricordata come l’ultimo saluto di un popolo riconoscente, 140000 mani pronte a ringraziare e ad incitare. Ma quelle persone vogliono un futuro luminoso. Non si vive di passato. Non si può, d’ora in poi, cadere nella buia mediocrità. Bisogna risorgere. A Moratti il compito di riaccendere la fiamma dell’orgoglio, di riconsegnare in quelle 140000 mani un sogno da toccare e da accarezzare, di ridare alla San Siro nerazzurra altri campioni da venerare e altre coppe da mostrare luccicanti.
La seconda Grande Inter è tramontata, che il vento dell’alba possa portare la terza leggenda…