La scienza non è una palla

Il povero Filippo (nella foto) farà bene a cambiare scuola, o a cominciare un lungo percorso da privatista, perché sembra proprio che l’Inter sia tornata quella di dieci anni fa: tafazziana, che spende senza ottenere, o che svende e non monetizza. Vi ricordate il caso-Cannavaro? Ecco, lui nel monetizzare è sempre stato un fuoriclasse (non è un giudizio morale, ma una constatazione e un complimento), tant’è che ora è una delle superstar (con Crespo, Pires, Morientes e altri giovincelli) del neonato campionato indiano: 600mila dollari per gigioneggiare 7 settimane.

Giovinotti che hanno bisogno di soldi? Più che altro, secondo me, che vogliono divertirsi ancora un po’, e tanto che ci sono ci lucrano anche sopra. Per certi versi, sono più giustificati dell’Inter vista ieri sera: crollata proprio sul traguardo di un pareggio esterno, ma in possesso di un’età media assolutamente inquietante. Per la cronaca: a parte Zarate (24) e Sneijder (27), tutti i titolari andavano dai 30 in su. Età media degli undici di partenza: 31 anni e 3 mesi, circa. Età media degli undici che hanno finito la partita: 30 anni e mezzo scarsi (tutto merito di Obi e Nagatomo).

Almeno l’Inter degli anni Novanta comprava (anche) giocatori di prospettiva, oltre che già affermati. Ma se Filippo magari sa chi sono Cannavaro e Crespo (giovani dal promettente futuro), sicuramente non ha visto giocare con i neroazzurri uno dei più grandi terzini sinistri dei nostri tempi: un certo Roberto Carlos. Roy Hodgson lo riteneva tatticamente «indisciplinato»; l’anno successivo, Fabio Capello, vincendo il titolo al primo colpo, dirà che bastava dirgli di difendere.

Ma il motivo per cui Roberto Carlos è famosissimo è la leggendaria abilità nei calci da fermo. Era il giugno 1997, dovevo ancora compiere 13 anni; era un torneo quadrangolare, la partita era Francia-Brasile. Punizione da quasi 40 metri, Barthez (in porta) non è sereno e mette comunque quattro compagni in barriera. Appoggiò la palla a terra con una carezza, andò indietro di molti metri, arrivò saltellando e tirando un sinistro potentissimo con una traiettoria… a banana, che girò attorno alla barriera e poi rientrò di alcuni metri, facendo la barba al palo e infilandosi in rete (potete vederla qui).

Per dare un’idea dell’evento: in quell’occasione persino Romário, uno talmente pieno di sé che non abbracciava mai nessuno, gli strinse le braccia al collo. Poi cominciarono le speculazioni: ha calciato con tre dita, un colpo di vento (su un pallone che viaggiava a 120km/h?), discussioni vuote. Finché i fisici dell’École Polytechnique di palaiseau non catalogarono l’«equazione del brasiliano», una formula complicata che spiega che razza di tiro fosse quello: una traiettoria che, se non fosse stata interrotta da un ostacolo come la rete, avrebbe finito per disegnare una chiocciola. Un prodigio di alta classe, che sottostava perfettamente alla gravità e all’aerodinamica.

E tutto questo solo per segnalarvi che è uscito il libro La scienza nel pallone. I segreti del calcio svelati con la fisica (Zanichelli, 176 pagine, 10,50 €), di Gianbruno Guerrierio (giornalista scientifico) e Nicola Ludwig (ricercatore della Statale di Milano). C’è il calcio d’angolo di Roberto Carlos, c’è il cucchiaio di Totti. C’è la scienza e c’è la passione.

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Pietro Luigi Borgia