Chiamatelo pure Alfredo “El Matador” Cavani

Una sentenza. Quando l’adrenalina raggiunge il livello massimo e la posta in palio moltiplica il suo valore come la borsa di Wall Street, la soluzione è sempre la stessa: Edinson Cavani. Da Posillipo a Fuorigrotta, da Scampia a Montecalvario, un solo grido si espande; l’eco arriva dall’Uruguay, descrive un universo azzurro di trionfi e lacrime.Il cuore del Matador è quello dei napoletani che rendono il San Paolo una bolgia, le sue gambe sembrano preannunciare un mondo in cui non esistono confini, in cui l’impossibile diventa pura e paradisiaca realtà. Una favola realizzata grazie alla scoperta di una rarità preziosissima: il calciatore, o meglio il centravanti, totale.

Cavani segna come Pippo Inzaghi, si sacrifica alla Delvecchio e partecipa alla manovra più o meno quanto il suo compagno Lavezzi, seppur in maniera differente. Il primo bomber di razza a riciclarsi in atleta tuttofare fu il leggendario Alfredo Di Stefano, oggi presidente onorario del Real Madrid; sulle spalle esibiva il numero nove, però notavi la sua presenza sulle corsie esterne, nella zona di rifinitura e perfino nei ripiegamenti difensivi. Poi spioveva una palla in area di rigore e i supporters delle merengues esultavano: aveva fatto gol Di Stefano. Chi non rivede nelle gesta dello spagnolo le tipiche movenze del nostro Cavani? L’ex Palermo suda come un dannato, collabora assieme alla squadra in qualsiasi situazione di gioco, infine manda in cielo il tifo partenopeo. Non importa quale sia l’avversario, se il City degli sceicchi, l’esperto Chelsea o il Milan di Berlusconi. Cavani segna e basta. Edinson, a differenza del predecessore, dribbla saltuariamente, non inventa colpi di tacco o giocate altamente estetiche: il suo è un calcio pulito, lineare e concreto. Se c’è da usare la sciabola, il gioiello di De Laurentiis non si tira certamente indietro. E questo non avviene perché sia poco talentuoso, anzi, piuttosto lo stile di gioco dell’uruguaiano nasce da una visione collettiva della vita e del proprio mestiere, la quale presuppone la semplicità al vertice degli ideali.

Le qualità fisiche e atletiche occupano un ruolo di preminenza, dal momento che non si può essere calciatori totali in mancanza dei muscoli o dei polmoni. In tale ottica, Cavani e Di Stefano sono uguali. Ma la similarità vera è un’altra: la capacità di coinvolgimento passionale nei confronti di popoli interi, tramutando i sogni in solidi esercizi quotidiani. Il più vecchio ha già sollevato vari trofei, Napoli prega di ripercorrere le stesse emozioni sull’onda di un entusiasmo mai sopito, risollevato dopo anni di tristi delusioni e adesso sorgente di un delirio infinito. Nella curva B un urlo, a squarciagola: “Ha segnato, col numero 7, Edinson”… Il finale ditelo voi.

 

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Francesco Loiacono