God save Wenger
Naturalmente, poi, l’Arsenal supererà il turno contro il Milan e il vostro redattore verrà maledetto dai tifosi rossoneri e spernacchiato dai suoi colleghi della redazione, tuttavia la doppia sfida che tra stasera ed il 6 marzo metterà a confronto il Milan ed i Gunners londinesi appare come un ottavo già scritto. Eccesso di ottimismo? Probabile, ma nel calcio esistono, da sempre, alcuni sentori che ti fanno pensare, o protendere, un pronostico a favore di una squadra piuttosto che un’altra.
Arsene Wenger, vecchio maestro del calcio, uno dei pochi veri santoni rimasti nel panorama pallonaro internazionale, porterà a “San Siro” un’allegra banda di ragazzi, che cercheranno di mettere i bastoni tra le ruote ad un Milan rigenerato dalla vittoria (sofferta) di Udine. Detta così, Van Persie e compagni hanno parecchie chance di fare lo scalpo ai rossoneri. Ma c’è un ma, anzi, ce ne sono almeno tre.
L’Arsenal 2012 è lontano parente di quella squadra che quattro anni fa mise letteralmente a fuoco e fiamme l’ultimo Milan targato Carlo Ancelotti. Una formazione fresca e disinibita, quella che vinse 2-0 ed eliminò i meneghini dalla massima competizione europea per club. Lontano parente, appunto, perché oggi i londinesi sono una squadra molto più abbordabile rispetto a quella capitanata da un signore che oggi fa faville nel meraviglioso mondo di Guardiola. Van Persie e Walcott sono due ragazzacci, dal punto di vista sportivo, s’intende, ma nel complesso la forza della squadra di Allegri è maggiore rispetto a quella dell’avversario.
Il Milan, appunto: rossoneri hanno fame, tanta fame e un desiderio: cancellare un incubo chiamato ottavi di finale che negli ultimi tre anni ha rappresentato la zona “no limits” delle ultime avventure in Champions dei milanesi. In più c’è da sfatare un tabù: dopo Arsenal, appunto, Manchester United e Tottenham, almeno per una volta, dopo qualche anno, avere la meglio su una formazione che proviene dalla terra di Sua Maestà la regina.
Rimanendo in tema di regnanti, in via Turati il re è lui, Zlatan Ibrahimovic, il giocatore più decisivo (per ora) della recente storia milanista. Recentemente, lo svedese ha dichiarato di non inseguire più la coppa dalle grandi orecchie come un’ossessione. C’è da crederci? Intanto la tranquillità è una dote che, nel calcio come nella vita, aiuta a raggiungere obbiettivi altrimenti complessi. Chissà se il nuovo Ibra, quello calmo e disteso, segnerà un nuovo passo in una competizione che, spesso, lo ha visto poco determinante. Forse da stasera potremo cominciare a chiamarlo non più solo “mister scudetto”. Chissà.