La fiaccola della speranza

La speranza è sempre l’ultima a morire: oltre ad essere un detto popolare, è anche una sacrosanta verità che descrive perfettamente l’animo umano. In uno dei momenti più bui della storia italiana – e non solo – Roma 2020 potrebbe essere uno di quegli eventi che cambierebbe le dinamiche di un paese intero, una nazione che vive e respira sport tutti i giorni. La storia della città di Roma, come tutti noi abbiamo studiato a scuola, è alquanto affascinante e pochi paesi al mondo possono competere con questa tradizione millenaria. Non soltanto: la città ha anche una tradizione olimpica già affermata, perchè nel 1960 vennero effettuati dei giochi olimpici storici, per diversi motivi.

Innanzitutto si trattava dei primi giochi olimpici trasmessi in diretta televisiva, con tutte le conseguenze che un tale stravolgimento porta con sè. Ma la cosa che rese uniche le olimpiadi di Roma, tanto da invogliare David Maraniss a scriverci un libro – giudicato da Sport Illustraded come il migliore del 2008 – intitolato “Rome 1960, the Summer Olympics that stirred the world” fu la capacità di unire popolazioni in profondo contrasto tra di loro. Americani e sovietici, nel pieno della guerra fredda, si ritrovarono gli uni accanto agli altri, in una leale competizione sportiva. Soltanto lo sport è in grado di fare ciò.

In un mondo sportivo sempre più vissuto nei tribunali e meno sul campo (vedi le inchieste per le scommesse illegali oppure il caso Contador, uno dei tanti del ciclismo moderno) permettere ai nostri giovani di respirare aria di sport (quello sano) sarebbe un obiettivo molto importante da raggiungere, forse anche più di una medaglia d’oro. La possibilità di osservare sport che non siano il calcio può anche essere uno stimolo per questi ragazzi, che in una televisione sempre più caratterizzata dal calciocentrismo non è possibile, a malincuore, fare.

Tuttavia le reazioni dal mondo politico sono contrastanti: da un lato vi è l’entusiasmo di organizzare una manifestazione così importante, dall’altro i costi spaventano tutti quanti, visto il momento di crisi socio-economica profonda e difficilmente sanabile in tempo breve. Ci sarebbe anche poi il problema dell’eredità olimpica, perchè se è vero che durante la manifestazione i profitti sarebbe imponenti (e soprattutto si creerebbe molto lavoro da oggi al 2020, strumento da non sottovalutare per creare occupazione giovanile), non si può dire lo stesso del dopo-olimpiadi. La manutenzione e la gestione degli impianti richiederebbe risorse importanti, e Monti sta valutando la situazione prima di ritirare o confermare la candidatura romana.

Una cosa è certa: sarebbe magnifico se al fianco di Madrid, Tokyo, Badu, Istanbul e Doha ci fosse anche quello della capitale italiana. E la sponsorizzazione a procedere in questa campagna è arrivata soprattutto dal mondo sportivo. 60 campioni italiani – tra cui Totti, Rossi, Vezzali, Pellegrini e Buffon – hanno scritto una lettera al Presidente del Consiglio incaricato Mario Monti, sottolineando che “manca ormai pochissimo tempo, abbiamo avuto la fortuna di indossare la maglia azzurra e di dare lustro all’Italia nel mondo. Siamo convinti che le Olimpiadi in Italia, a Roma, sarebbero una sferzata di ottimismo per tutti. Giochiamoci questa partita, possiamo vincerla tutti insieme!”. E se lo dicono loro, bisogna fidarsi.

A questo appello poi si sono uniti anche molti uomini di spettacolo, da Morricone a Tornatore, da Fiorello a Baglioni, includendo anche Gianni Morandi, che ha promosso l’idea direttamente da Sanremo: “Sogno, da italiano e da uomo di sport – sottolinea il cantautore bolognese – di vivere le Olimpiadi nel mio Paese e nella città più bella del mondo“.

Adesso la palla passa alla politica, che ha tempo sino al 15 febbraio per prendere una decisione definitiva. Sarebbe stupendo se il nostro paese (e quindi la classe politica) decidesse di dare una speranza ai cittadini, un’illusione di poter uscire da un momento difficile. E quale mezzo migliore per uscirne, se non attraverso lo sport?

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Alessandro Lelli