La prima volta di Fabio Capello
Storia lunga e complicata, quella delle dimissioni di Fabio Capello da commissario tecnico dell’Inghilterra: si dimette e per la prima volta non vince niente con una squadra da lui allenata. Ma partiamo da un punto: dimissioni? E quando mai si era dimesso, Capello, nella sua carriera? Quindi, se questa è una prima volta (alla veneranda età di 56 anni), probabilmente c’è sotto qualcosa di rilevante.
Dietrologia: va all’Inter (non ci sarebbe alcun problema: è sì cresciuto da allenatore al Milan, ma dalla Roma aveva detto che non sarebbe andato alla Juventus, e invece sappiamo com’è andata); oppure, dico io, va al Real Madrid per la terza volta (tra l’altro, caso strano: anche Mourinho è uno che ha vinto ovunque sia andato, e vediamo se la sfanga anche con i blancos). O magari Capello si prepara per il dopo-Prandelli (no, adesso sto apertamente sfottendo). In ogni caso, se ne va, dimostrando una volta di più come allenare una nazionale sia diverso da allenare una squadra di club, e rinunciando alla gloriosa panchina che aveva voluto con forza dopo il secondo divorzio madrileno (dovuto, giova ricordarlo, non alla mancanza di risultati, quanto a quella dello spettacolo: contenti loro…).
Quindi, Capello in Inghilterra: non credo che pensasse sarebbe stato facile, ma forse aveva sottovalutato la pressione che si vive lì, nella terra che il calcio lo ha inventato salvo non vincere nulla (un mondiale casalingo e discusso, nel 1966, poi basta). Perché si fa un gran parlare di come sia bella la Premier League, con gli stadi pieni, il tifo caldo e sereno (dovuto anche ad una legislazione inflessibile), ma ci si dimentica sempre di citare il contraltare di tutto ciò: la spasmodica attenzione dei media, pronti a fare a fettine chiunque càpiti. Perché io per primo cito spesso il giornalismo «all’inglese», ma non mi dimentico che lì pubblicano anche i giornali peggiori.
Dicevo, quindi: l’eroe della prima vittoria italiana in Inghilterra (14 novembre 1973, gol decisivo) era andato nella perfida Albione con l’idea di trionfare ancora, stavolta con i loro colori. Nel 2010 è andata male, un po’ per colpa della Germania sbarazzina schierata da Löw, un po’ per colpa di un gol annullato che poteva valere il 2-2, in quel momento (finirà 4-1). E dire che molti lo davano a podio o giù di lì, mentre è stato eliminato negli ottavi. A ogni modo, viene confermato e rilancia per gli Europei 2012, qualificandosi in carrozza e senza sconfitte.
E ora mi vengono a dire che si è dimesso perché in disaccordo con la decisione federale di togliere la fascia di capitano a John Terry, accusato di avere rivolto insulti razzisti ad Anton Ferdinand (incidentalmente fratello di Rio Ferdinand, vicecapitano della nazionale, che si smarca subito da interessi particolari). John Terry: grande difensore e per molti il capitano ideale, ma anche uno che vendeva tour guidati all’interno del centro sportivo del Chelsea. E dopotutto Terry si dichiara innocente, chi mai non crederebbe alla sua probità? Chi mai non si fiderebbe di uno che serenamente faceva scappatelle con la fidanzata del suo migliore amico (e anche suo testimone di nozze)? E chi mai, dopotutto, non gli presenterebbe sua sorella? (Resta anche da dire che la scappatella di Terry, parere personale, è costata molto all’Inghilterra, perché un terzino sinistro come Wayne Bridge, ai Mondiali, avrebbe fatto comodo; ma il ragazzo, comprensibilmente, si rifiuta di giocare al fianco del suo amico.)
Però è difficile pensare, con un carattere come il suo, che Capello non abbia retto alla pressione o all’idea di un fallimento (giova ricordarlo: gli Europei sono peggio dei Mondiali, perché non ci sono squadre-materasso). Più facile credere che ne avesse abbastanza, non si divertiva più (è stato criticato per i modi troppo duri, dicevano che intimidiva i giocatori, e invece ora viene affossato perché li difende). E anche senza dietrologie è facile credere che qualche paperone del calcio sia disposto a riempirlo di denaro, se lui promette di riempire la bacheca societaria.
Detto tutto questo, un post scriptum personale, un po’ nostalgico, ma felice. A fondare il primo MondoPallone, l’ho già detto, siamo stati in tre: io, Andrea Losapio e Carlo Grisetti (per la parte tecnica). Bene: mentre io sono qui, proprio in questi giorni Andrea ha esordito sulle pagine del Corriere della Sera. Anzitutto chapeau, fratello, non ho mai avuto dubbi. E poi buona fortuna, perché sono sicuro che per te è solo l’inizio. Un abbraccio.