L’esordio nel grande calcio di Gianmario Piscitella non è un caso: il ragazzo proviene dalla scuola calcio U.s.d. San Nicola, di Castel Cisterna, in provincia di Napoli. In questo angolo d’Italia dove il sole non tramonta mai, sfornare giovani campioni è un esercizio quotidiano.Prima del boom dell’esterno giallorosso, infatti, il direttore Lorenzo D’Amato aveva già pianto di gioia per le carriere di Totò Di Natale, Vincenzo Montella e Francesco Lodi, giusto per citare i più famosi. Qual’è il segreto di questo meraviglioso laboratorio calcistico? D’Amato ci svela metodologie e retroscene di un lavoro senza soste.
Signor D’Amato, partiamo dall’ultimo evento: l’ascesa di Piscitella. Ci parli del ragazzo.
Gianmario lo vidi per la prima volta quando aveva dieci anni: giocava a San Marzano con la squadra del suo paese, dove ci presentammo per una partita amichevole. Le nostre compagini sono sempre state fortissime, eppure quel giorno incontrammo delle difficoltà e la sfida finì 4 a 4. Due gol li fece proprio questo gran talento. Parlai subito con il presidente del San Marzano, Franza, e portai il ragazzo a Castel Cisterna; dopo una stagione mostruosa Gianmario partì per Empoli, club per il quale lavoro da osservatore dal 1984. Il primo calciatore che diedi ai toscani fu Nicola Caccia.
Luis Enrique ha avuto un bel coraggio a gettarlo nella mischia…
Lo spagnolo è un maestro del calcio! Ieri la Roma ha schierato in attacco un tridente composto da un 91, un 92 e un 93. Abbiamo mai visto una grande squadra italiana fare una cosa del genere? Le dirò di più: tra non molto i giallorossi diventeranno una potenza del calcio, qualcosa di molto simile al Barcellona.
Catania – Roma le avrà fatto battere il cuore all’impazzata: Piscitella e Lodi in campo, Montella in panchina.
E’stata una sensazione bellissima, indescrivibile. Facciamo tanti sacrifici per conciliare il lavoro, quello vero, con il calcio, ma quando capiti di fronte a serate del genere ti senti ripagato e orgoglioso. Lo vuole un aneddoto su Montella? Da piccolo si sentiva un portiere, era ostinato e se la prese nel momento in cui lo spostai in attacco. Gli dissi testuali parole: “Con un 1.72 di altezza, al massimo il portiere lo puoi fare in un palazzo”.
Come ci si comporta con i giovani? Ci enunci i segreti della vostra scuola calcio.
La Campania è una sorgente incredibile di calciatori: il primo segreto è appunto questa predisposizione naturale dei ragazzi della regione. L’U.s.d. San Nicola mira principalmente a formare l’uomo: sono stato militare e adesso lavoro per il Pubblico Ministero di Napoli, l’educazione ha la priorità ogni cosa. Con me ci si comporta come in una caserma! Per ciò che concerne il punto di vista tecnico, invece, posso solo tessere le lodi dei nostri allenatori, dei veri e propri insegnanti di calcio, tutti laureati in Scienze Motorie. Abbiamo quattordici squadre, dai 97 ai 2005, e dieci tecnici.
Dobbiamo già annotare il nome del prossimo campioncino?
Scommettete a occhi chiusi su Leone, un 97, centrocampista centrale già nell’Empoli e nelle nazionali giovanili. Non gli manca nulla, farà tanta strada così come i compagni che lo hanno seguito in Toscana: Di Maiolo, un portiere molto ben strutturato ed esplosivo, e Martinelli, un 2000. Tempo al tempo e si parlerà anche di loro.
Totò Di Natale! Devo aggiungere altro?
Totò? Sta sfondando una porta aperta, la avviso (ride). Inizi a scrivere forte e chiaro che l’unico a credere nelle potenzialità del ragazzo fu Lorenzo D’Amato! Oggi vedete i colpi del campione, reti a grappoli, ma le assicuro che le stesse identiche cose Totò le faceva anche da bambino. Andò a Empoli e tornò dopo un mese e mezzo: “Non mi avevate mandato lì per giocare a pallone? Questi mi volevano fare andare a scuola”, mi disse. Sette mesi più tardi lo riaccompagnai; la primavera azzurra, allora allenata da Domenichini, il vice di Spalletti, contava su un attacco formato da Toni e Di Natale. Il primo fu dato in prestito al Fiorenzuola, Totò all’Iperzola (ride ancora, l’ironia è molta). A un certo punto, l’Empoli apparve intenzionata a cederlo alla Lucchese in cambio di Nazzareno Tarantino.
Come mai ha faticato così tanto?
In un primo momento fu lui che non si aiutò, in seguito divenne vittima dei soliti pregiudizi sui napoletani. E poi forse la statura, il fatto di non trovare la persona giusta che lo valorizzasse al massimo. Ma un fenomeno del genere doveva esplodere per forza.
Calciatori dai quali si aspettava molto di più e invece hanno reso meno?
Guardi, l’elenco è lunghissimo. Ma lo sa quanti ce ne sono sparsi per la Lega Pro? Non voglio dilungarmi troppo, né fare torto a qualcuno, perciò dico il primo nome che mi viene in mente: Vincenzo Riccio, mediano, una vita tra serie B e C, con le maglie, tra le altre, di Cosenza e Cavese.
Che tipo di rapporto conserva con i “suoi” ragazzi?
Un rapporto bellissimo. Li sento ancora quasi tutti, siamo gente meridionale che non dimentica gli affetti. Continuano a regalarmi una marea di gioie, in campo e nella vita.
Ultima battuta: un giudizio sul calcio giovanile italiano e la ragione delle poche operazioni da lei fatte con il Napoli.
Si può e si deve fare molto di più, perché il calcio italiano non offre lo giusto spazio ai giovani. Prendiamo l’esempio del Napoli: ho dato qualcuno dei miei agli azzurri, però non funziona quasi nulla nel vivaio di De Laurentiis. Al presidente consiglio una bella piazza pulita nel settore! Il problema, in Campania, è di livello generale, diffuso nella maggior parte delle società professionistiche. Con tutti i calciatori campani si costruirebbe una squadra tra le migliori al mondo, è un vero peccato. Ma esistono un’infinità di fattori che influiscono in negativo sulla situazione…
Intende, per caso, fattori extracalcistici?
Anche, purtroppo. Sa cosa le dico? Io non guardo mai in faccia a nessuno, se si presenta un tale e mi dice “devi fare giocare il ragazzo”, quest’ultimo è costretto ad abbandonare la scuola calcio. Così come quelli su cui è impossibile nutrire la benché minima speranza: la sincerità è una dote necessaria nell’ambiente, i genitori devono capire che chi non diventa un calciatore non è un fallito. Parecchi genitori rappresentano il marcio nelle categorie giovanili, una gigantesca rovina per i figli!
Lorenzo D’Amato ha ricevuto svariate richieste d’intervista quest’oggi e non si è negato a nessuno, anzi, con lo stesso entusiasmo si è aperto a tutti, rivelando storie e aneddoti di un’avventura infinita. Un piccolo luogo di provincia si innalza per un giorno a capitale del calcio, senza però dimenticare i valori su cui la scuola di Castel Cisterna si fonda: educazione e trasparenza, prima l’uomo e poi l’atleta. Il lato nobile dello sport si coglie dalle parole di questo artigiano del calcio.