Il ritorno del generale Claudio

Cuore e sudore. Non è la solita rima scanzonata delle nostre pop star, piuttosto una sintetica etichetta per la storia tra Claudio Ranieri e la Roma, la sua Roma. Amore dell’infanzia, sogno da  giovane calciatore e passione lavorativa da adulto: “Carlo Mazzone ha sempre detto che non mi sarei potuto mai definire un allenatore se prima non avessi salito le scaline dell’Olimpico”, affermò il testaccino il 2 settembre 2009.Quello era il giorno del suo ritorno, a casa. Un percorso iniziato 35 anni prima trovava finalmente il giusto epilogo; lo aspettava una Roma orfana del genio Spalletti, il cui calcio incantò mezza Europa, una città depressa dal punto di vista sportivo. “Scordatevi il bel gioco, io sono diverso”.

Ed era diverso per davvero, perché rivitalizzo un gruppo giunto alla fine di un ciclo, spremuto ma da cui ricavare ancora qualcosa. Ranieri andò oltre il massimo: non si tratta della sua rinomata fama di normalizzatore, consolidata ad ogni latitudine, quella creatura sommava l’amore alla testa. L’amore per due colori mai scalfito dal pellegrinaggio in Italia e nel mondo. Una rimonta da capogiro, ventiquattro risultati utili consecutivi, un epico scudetto sfumato nelle tenebre del 25 aprile 2010, quando Claudio alla fine del primo tempo con la Samp disse ai suoi con il groppo in gola: “Se vinciamo oggi è fatta”. Ad una giornata dal termine di quel campionato arriva il Cagliari all’Olimpico, dopo due minuti il maxi schermo annuncia il vantaggio del Chievo a San Siro, contro l’Inter. Il testaccino ne ha viste troppe per credere che finisca così, però sul suo volto scende una lacrima, da brividi. Probabilmente si emozionò solo all’idea, remota, di una Roma campione, di un popolo trionfante. Non successe.

Una volta svanito l’effetto della magia, le cose peggiorarono nella stagione successiva nonostante una squadra, a detta della critica, ancora più forte. Ma di spiegazioni se ne possono fornire a catinella, dal tramonto di un gruppo il cui ciclo stavolta aveva oltrepassato ogni eccesso, allo spreco di energie nervose dell’anno precedente. Soprattutto di diverso c’era lui, l’allenatore, che nella sua città non poteva giocare solo di razionalità. Chi se ne importa? Il buon Claudio resterà accostato indelebilmente alla Roma per il 2010, l’anno in cui ogni sogno, tranne il più grande, si realizzò con puntualità. L’anno della “voglia di stringersi un po”, perché, cantava il popolo giallorosso, “si parlava di noi, di giorno e sera”. Domani è un giorno particolare, c’è un uomo intramontabile che torna a casa. E’Claudio Ranieri da Testaccio: generale delle armate giallorosse 2010.