Le confessioni del Doni pentito: “Vi racconto la mia verità. Che imbecille”
Cristiano Doni, ex capitano e bandiera dell’Atalanta, è senza dubbio il calciatore più famoso tra quelli coinvolti nel recente scandalo scommesse che ha avvelenato, nuovamente, il calcio italiano. L’ex nerazzurro, considerato dagli investigatori come uno degli elementi di spicco dell’associazione criminale che truccava partite di diversi campionati, ha deciso di parlare a cuore aperto e di raccontare la sua verità.
Doni ha concesso una sorta di intervista-confessione a tre quotidiani, “L’Eco di Bergamo”, “la Gazzetta dello Sport” e “la Repubblica”, in cui il calciatore ha cercato di puntualizzare la triste vicenda che lo ha visto coinvolto negli ultimi mesi e in cui ammette molte delle responsabilità attribuitegli. Una lunga intervista di cui riportiamo solo alcuni passaggi.
Un racconto amaro, quello del Doni pentito, che parte da un’Atalanta-Pistoiese di Coppa Italia di ben 12 anni fa. 1-1 il risultato di quella partita, finale, per stessa ammissione del calciatore, truccato: “Sì è così, non posso continuare a dire diversamente e se qualcuno vorrà altre spiegazioni, sono pronto a darle. Sono stato stupido, pensavo di farla franca”.
Si parla poi del famigerato Atalanta-Piacenza, partita di Serie B dello sorso campionato cadetto, uno degli incontri maggiormente accusato di combine: “sette giorni prima mi dissero che contro l’Ascoli avremmo vinto per un accordo. Va bene, faccio io, ma in campo mi accorsi che gli altri stavano giocando sul serio, capisco ora che il risultato è solo un dettaglio. Mi ripetono la stessa cosa per la gara con il Piacenza. Mentre giochiamo realizzo quasi subito che la combine questa volta era reale, tanto che Cassano (allora portiere del Piacenza, n.d.r.) mi dice dove calciare il rigore. Lui nega? Problemi suoi, andò proprio così”.
Con riferimento ad Atalanta-Ascoli e Atalanta-Piacenza, vengono chiesti a Doni i motivi per i quali abbia accettato di appoggiare la falsificazione delle partite. Domanda a cui l’ex capitano atalantino risponde candidamente: “sono stato un imbecille e non esiste nessuna giustificazione. La retrocessione mi aveva segnato, mi sentivo il primo responsabile, avrei fatto di tutto per ottenere la A e infatti ho detto di sì quando mi è stato detto che il Piacenza veniva a perdere. Ecco, non mi sono mai venduto una partita. C’è una differenza almeno in questo tra chi lo fa per soldi e chi per amore della propria squadra?”.
Dopo il Doni accusato, arriva il Doni saggio, quello che a un ragazzo che si affaccia al gioco del calcio dice: che deve giocare pulito, sempre e non dare retta a chi gli chiede di barare, anche fosse un compagno. Deve denunciare, far finta di nulla è grave quasi come alterare una partita, non è facile ma questa è la strada. Non prendete esempio da me, fate come Andrea Masiello, bisogna avere il coraggio di parlare e raccontare tutto il marcio nel calcio”.
Un pensiero, infine, alla famiglia e ai tifosi atalantini, di cui Doni è stato un idolo: “la cosa più difficile è stata preparare mia figlia, spiegare quello che era accaduto al papà. La delusione dei tifosi? É la cosa che più mi ferisce in questa storia dopo il male fatto alla mia famiglia. La Dea per me è tutto, era tutto. Capisco di averli delusi, traditi. Non chiedo perdono, ma solo che non siano cancellate tutte le cose buone che ho fatto in campo”. Bergamo è la mia città. Non sarà facile, ma voglio restare lì. La benemerenza della città? Sono pronto a restituirla”.