Amauri e company: i prigionieri del denaro

C’era un tempo in cui apparivano belli, forti e ambiti. I top club li cercavano, potevano permettersi di tirare la corda sull’ingaggio minacciando di scegliere altrimenti una destinazione diversa. Sta di fatto che proprio tutti quei quattrini si sono trasformati nel loro dolce castigo, perché arriva un punto della carriera in cui bisogna prendere una decisione: il denaro o l’onore. E non sempre è così facile.

Guardiamo l’esempio di Amauri: due anni strepitosi a Palermo, gol a grappoli e giocate sopraffine. Bussa la Juventus, la classica occasione della vita, dire no è impossibile. Aumenta il prestigio e, in maniera consequenziale, il conto in banca. Poi l’italobrasiliano si blocca, non segna più e diventa un peso per le casse della dirigenza torinese; un prestito di sei mesi a Parma, ingaggio diviso tra le due società, la forza di essere ancora decisivo e la voglia di rientrare alla casa madre per la rivincita. Solo che quando la scintilla non scocca è impresa ardua conquistare ciò per cui avevi lottato: Amauri ancora sul mercato, ma 4 milioni per un 30enne reduce da stagioni in chiaroscuro non li paga nessuno. Sei mesi da eclissato alla Juve per poi sperare nel dolce gennaio che una possibilità solitamente la offre a tutti. Auguri a lui, ma anche a Toni e Iaquinta.

C’è pure Cicinho nella compagnia degli infelici ma ricchi. Un’altalena continua gli ultimi due anni giallorossi, prestiti in Brasile e in Spagna, ma un terzino attempato non può pesare come un macigno sulle casse di un’azienda. Sette, otto partite a campionato valgono la gloria? Il suo connazionale Doni, al contrario, ha tagliato nettamente con il passato: via dalla Roma con il cartellino in mano e approdo a Liverpool dove lo stipendio diminuisce ma basta per campare. Presenze zero, ma questo è un dettaglio. All’intero gruppo degli indecisi, dei prigionieri dei tempi che furono, auguriamo di trovare equilibrio e coraggio, quello di rimettersi in discussione e iniziare da zero una nuova vita. Del resto è grazie a loro che apprendiamo come gli storici proverbi non siano poi tanto frasi fatte. Esempio? Il denaro non fa la felicità.