Home » Antonio Conte e l’ostile Juve

Tutto mi sarei aspettato, per la seconda serata del Festival di Sanremo, tranne che sentire Celentano irrompere e tuonare contro gli arbitri, che non avrebbero il coraggio di fischiare rigori contro la Juventus. Come dite? Ah, non era Sanremo, quello? Beh, a giudicare dai toni, mi era sembrato — ed era più che plausibile che il molleggiato volesse prendersi un po’ di tempo in più per inveire anche contro Calciopoli, la mostra canina al Madison Square Garden, il torneo di briscola di Roccapizzopapero di Sotto e magari pure contro il festival di Sanremo. In ogni caso, sono rassicurato dal fatto che Celentano finirà per pagare l’ICI sul suo Ego, che ormai fa provincia. (Lo dico a scanso di querele: è una battuta.)

Svelato l’equivoco, quindi, possiamo affermare che a dichiarare «L’aria che si respira è che se non si fischia alla Juve non si sbaglia, se si sbaglia a sfavore della Juve non succede niente, vogliamo essere trattati equamente. Perché questo? Basta andare indietro e c’è la spiegazione. Mi dispiace, comincio in cuor mio ad avvertire delle cose che pensavo fossero superate» non è stato Celentano. (Il che, peraltro, va a suo merito.) A dire una cosa del genere è stato Antonio Conte, allenatore della Juventus rigenerata di questa stagione. E ha aggiunto: «Gli arbitri devono essere sereni nei nostri confronti, vi invito a guardare le statistiche di quanti rigori abbiamo preso e quanti ce ne hanno dati contro negli ultimi anni».

Non me ne vorrà l’allenatore juventino; ma ogni invito all’imparzialità è, per la sua stessa natura, destinato a fallire. È un po’ la famosa questione che le regole per i nemici si applicano, mentre per gli amici si interpretano: gli arbitri sono imparziali finché non ci danneggiano, o quando comunque riusciamo a cavarcela. Conte usa una tecnica ben nota: crea (o comunque ravviva) un nemico, per compattare la sua squadra e la sua tifoseria: è una cosa perfettamente legittima. Se volessimo portare questo sistema alle estreme conseguenze, diremmo che tutti i totalitarismi nascono anzitutto individuando un nemico da estirpare; nello sport, si spera, stiamo più bassi.

Quindi non me la sento di biasimare la tecnica che Conte vuole usare, nel tentativo di portare la sua squadra fino allo scudetto; trovo che tutte le armi siano valide, specie quando, peraltro, il tuo organico è palesemente inferiore a quello dell’avversaria più quotata, quel Milan che ha appena schiantato l’Arsenal, mettendo in mostra la migliore prestazione stagionale. Quello che devo però stigmatizzare è il merito, e già so di attirarmi molte critiche dagli juventini: perché se è vero (ed è vero) che la Juventus è stata l’unica a pagare, questo non toglie nulla alla gravità dei fatti che hanno portato a Moggiopoli/Calciopoli. E trincerarsi dietro un chiarissimo «Basta andare indietro e c’è la spiegazione» significa non voler discutere. Perché Calciopoli, come qualsiasi altra cosa in Italia, si riduce a questo: uno scontro di tifoserie con idee preconcette. Qualsiasi tentativo di discussione va, come si dice a Roma, a finire in caciara, con due curve molto nutrite, e uno sparuto gruppuscolo di persone disposte a riconoscere i meriti di entrambi gli schieramenti, ma viene regolarmente surclassato dal vociare della maggioranza.

Dico una cosa ancora più scomoda, e che forse, viceversa, ai tifosi juventini farà piacere: tutto sommato, è quasi un bene che la Juventus sia stata l’unica a pagare. Non fraintendetemi, perché il discorso va avanti: se la Juventus doveva pagare ed è stata la sola a farlo, significa che altre squadre l’hanno fatta franca, e hanno ancora la coscienza sporca. Juventini, svegliatevi e ricordatevi qual è lo stile-Juve: qualcosa di ben diverso dall’attuale ostile-Juve. Quel che è stato, è stato: e vi permetterebbe di dire che siete gli unici che almeno si sono rifatti una coscienza. Qualsiasi cosa vinciate, Calciopoli può essere portata quasi come un trofeo: abbiamo pagato e poi abbiamo vinto. Non siate in-Conte-ntabili.