Ma tu te lo ricordi…. “Pluto” Aldair?
No, non siamo a Topolonia o in strani paesi ammantati di fantasia o racconti fatti a fumetti; quella che stiamo per raccontare, in realtà, è una lunga storia d’amore, un’avventura durata più di vent’anni, ambientata a cavallo tra il Nuovo ed il Vecchio Continente. Il protagonista, il nostro Pluto appunto, non assomiglia per niente all’inseparabile cagnolone, amico di Topolino, disegnato dalla matita di Walt Disney, piuttosto ad una di quelle bandiere ammainate e nostalgiche che sempre più di rado “sventolano” sui nostri campi da calcio. Questa è la storia di Aldair Nascimento do Santos, noto semplicemente come Aldair, idolo della “Curva Sud” per tredici stagioni, immortale numero 6 della Roma.
Il nostro “Pluto” nasce a Ilhéus, città brasiliana che si affaccia sull’Oceano Atlantico, il 30 novembre del 1965. Dopo la trafila nelle giovanili, Aldair esordisce nel campionato brasiliano con la maglia rubonegra del Flamengo, giocando col club di Rio de Janeiro dall”85 all”89, conquistando un campionato carioca e 185 presenze totali nei sui anni di fedele militanza. Si dimostra da subito un ottimo difensore, tanto da attirarsi le attenzioni di molti club europei, sempre alla caccia di talenti a basso costo (o almeno era così) per rinforzare i propri organici. Alla fine la spunta il Benfica, allenata allora da un certo Sven Goran Erikson, tecnico svedese che legherà all’Italia fama e successi. Nel 1990, dunque, uno schivo e giovane Aldair sbarca nella SuperLiga portoghese. Nel suo primo e unico anno in maglia biancorossa colleziona 33 presenze in campionato condite da 6 gol: tanto basta per allertare gli operatori di mercato del tempo. Alla fine la spunta la Roma dell’indimenticato presidente Dino Viola, che lo porta nella Capitale su suggerimento proprio dell’ex tecnico dei giallorossi Erikson.
E’ nella “Città Eterna” che si consuma il matrimonio d’amore tra Pluto e la sua gente, tra il difensore e la sua Roma. Tredici lunghi anni in cui Aldair guida con eleganza, correttezza e professionalità il pacchetto arretrato della formazione giallorossa. Una vita, calcisticamente parlando, in cui il brasiliano vede passare dirigenti, allenatori, compagni, ma lui rimane sempre lì, al centro della difesa dell'”Olimpico”, baluardo di stile e grande signorilità in campo. In realtà vincerà relativamente poco: una Supercoppa italiana, una Coppa Italia e lo storico campionato della stagione 2000/2001, anche se non potrà aiutare i propri compagni materialmente sul campo per via di un infortunio a poche giornate dal fatidico Roma-Parma che avrebbe decretato l’apoteosi capitolina. Tredici anni, dicevamo, al servizio della Roma, per un totale di 415 presenze e 20 reti. Un lungo amore che si interrompe per l’età e gli acciacchi del tempo che colpiscono anche gli immortali del calcio, tanto che nella stagione 2003/2004 lascia la sua “amante” e va a giocare nel Genoa, in seri B, dove chiude la sua splendida carriera professionistica.
In realtà, tre anni dopo la voglia di rimettersi in gioco e l’amore per il pallone lo “costringono” a riallacciarsi le scarpette e scendere di nuovo in campo, per un’avventura davvero insolita. Aldair firma per la formazione sammarinese del Murata, storico club del campionato del monte Titano, con cui, a quarant’anni suonati disputa altre tre stagioni, vincendo anche un titolo nazionale. Accanto alla carriera in squadre di club, la storia calcistica di Pluto Aldair si snoda lungo un altro grande amore, il Brasile. Con la selezione verdeoro del suo paese, il difensore è stato una colonna della Selecao per un decennio almeno, conquistando diversi titoli: 2 Coppe America, 1 Confederations Cup, 1 bronzo olimpico ad Atlanta nel 1996, ma soprattutto ha alzato al cielo la Coppa del Mondo, vinta ai rigori nel 1994 contro l’Italia. Col Brasile Aldair ha disputato anche un’altra finalissima di un mondiale, persa stavolta nel 1998 contro i padroni di casa della Francia.
Una carriera invidiabile, dunque, ricca di onori e soddisfazioni e quei colori, il giallo e il rosso, tatuati come una seconda pelle. Un amore fortissimo che lo ha catapultato senza passaggi di beatificazione nell’Olimpo della storia romanista, tanto che la sua maglia, la numero 6, è stata ritirata dal club. Mai più nessun giocatore della formazione capitolina indosserà il numero che fu di Pluto. Ecco appunto il suo soprannome: è stato chiamato così un po’ per la sua somiglianza col cane disneyano, un po’ per il suo carattere schivo e taciturno, di poche parole, insomma, come il Pluto cartone animato, uno dei pochissimi personaggi a non parlare. Un mito capace di unire in un unico stadio i suoi due maggiori amori calcistici, la Roma ed il Brasile, nell’Aldair Day, la sua festa d’addio al calcio avvenuta il 2 giugno 2003. Un pianto lungo quella sera, infinito, come l’affetto ed il ricordo del popolo giallorosso nei confronti del suo fedele Pluto, l’immortale bandiera col numero 6 stampato della retroguardia capitolina.