ESCLUSIVA – I nuovi talenti: Gennaro Tutino
Torna la nostra rubrica dedicata ai giovani e promettenti talenti del Girone C di Serie C. Dopo le interviste con Michael Folorunsho della Virtus Francavilla e Alessandro Quaini del Racing Fondi, oggi è il turno di Gennaro Tutino, attaccante del Cosenza, cresciuto nel vivaio del Napoli. Gennaro, nato ai sotto al Vesuvio il 20 agosto 1996 e alto 177 cm, ha mosso i suoi primi passi nella Juve Domizia, per poi approdare nelle giovanili degli Azzurri e continuare lì il suo percorso di crescita umana e calcistica, sotto la guida di allenatori quali Gennaro Sorano, Nicola Liguori e Giampaolo Saurini. Rimasto sempre di proprietà dei Partenopei, dopo diverse esperienze in Serie B e in Lega Pro, quest’anno è giunto in prestito al Cosenza, mostrando appieno le sue qualità e la sua forte determinazione.
Ciao Gennaro, innanzitutto raccontaci un po’ di te e della tua passione per il calcio. Com’è nata e dove hai tirato i primi calci a un pallone?
La passione per il calcio è nata in me grazie alla mia famiglia: mio padre, mia madre e i miei zii sono sempre stati grandi appassionati di questo sport e mi hanno trasmesso l’amore per il calcio sin da quando ero piccolino. All’età di 7 anni ho mosso i miei primi passi nella Juve Domizia, a Licola, in Campania e, a 12 anni, sono giunto nel settore giovanile del Napoli e lì ho continuato la mia formazione, indossando la maglia azzurra della mia città, fino all’arrivo in prestito al Vicenza.
La tua famiglia come ha vissuto la decisione di entrare a far parte del mondo calcistico?
I miei genitori hanno sempre assecondato le mie scelte, dandomi consigli utili e sostenendomi, facendo sacrifici per aiutarmi, ma mai forzandomi o mettendomi sotto pressione. Mi hanno, infatti, sempre lasciato libero di decidere il mio futuro autonomamente, senza costringermi a intraprendere una strada o un’altra.
Dopo l’esperienza iniziale nella Juve Domizia, hai vissuto gli anni della tua formazione nel settore giovanile del Napoli. Cosa ricordi maggiormente di quel periodo?
Gli anni a Napoli sono stati fondamentali, mi hanno fatto crescere tantissimo, sia umanamente sia calcisticamente. Ricordo in particolare le mie tre più importanti guide: Gennaro Sorano, Nicola Liguori e Giampaolo Saurini. Nel corso degli anni, molti mister hanno contribuito alla mia crescita, ma loro tre sono stati essenziali e li ricordo con grande affetto. Tra i momenti indimenticabili c’è di sicuro la finale dei Giovanissimi Nazionali, in cui abbiamo perso contro la Fiorentina, o ancora la finale di Coppa Italia con la Primavera, in cui purtroppo ha avuto la meglio la Juventus. Forse uno dei ricordi più belli è, però, l’esperienza della UEFA Youth League, in cui da sfavoriti siamo riusciti a superare il girone, scontrandoci con squadre veramente forti, come l’Arsenal, il Dortmund e il Marsiglia; è stato un grandissimo traguardo per il Napoli.
Nel 2014 lasci la maglia azzurra e ti sposti in prestito al Vicenza, come hai vissuto il trasferimento?
Quando sono arrivato al Vicenza avevo ancora solo 17 anni, quindi ho lasciato la Primavera con un anno di anticipo, pronto ad affrontare quello che doveva essere il mio trampolino di lancio, l’anno della svolta calcistica. L’infortunio, avvenuto durante la prima partita, mi ha costretto a fermarmi e a non vivere appieno quella stagione. L’esperienza a Vicenza è stata però ugualmente importante, sono arrivato nella nuova squadra carico e determinato e, nonostante l’infortunio, ho imparato tanto ed è stato un tassello essenziale del mio percorso di formazione calcistica.
L’anno al Vicenza è stato difatti caratterizzato dal brutto infortunio al legamento crociato anteriore del ginocchio destro. Come hai affrontato quel periodo?
Ringrazio ancora oggi tutti i compagni che mi sono stati vicini in quel periodo davvero negativo. È stato bruttissimo, soprattutto perché a 17 anni ho visto il mio sogno in crisi, era la mia prima esperienza lontano dalla famiglia e l’inizio non è stato certo dei migliori, ma non tutti i mali vengono per nuocere e sicuramente quel periodo mi è servito per crescere come giocatore e come uomo.
A gennaio del 2015 vai al Gubbio e lì scendi di nuovo in campo, per poi andare in prestito all’Avellino e, dopo poco, approdare al Bari. Cosa ricordi maggiormente di quegli anni?
L’esperienza ad Avellino è uno dei miei più grandi rimpianti. La colpa è stata mia, ero giovane, pensavo che tutto fosse facile e non avevo ancora la serietà e la maturità necessarie per entrare a far parte del mondo dei grandi. Dopo quella esperienza, ho capito che devo faticare e impegnarmi costantemente per far bene e guadagnarmi un posto in campo, con tanto lavoro e spirito di sacrificio. A Bari, invece, ho incominciato con la Primavera e lì ho fatto bene, riuscendo a esordire in prima squadra nella gara contro il Perugia, durante la quale ho giocato una mezz’oretta. Ho imparato tanto anche nel Bari, una squadra forte che mi ha lasciato bellissimi ricordi.
Lo scorso anno giungi alla Carrarese in Lega Pro e subito ti fai notare per le tue qualità, arrivando infine quest’anno in prestito al Cosenza. Com’è stato il primo impatto con la nuova squadra?
Ho accolto con gioia la proposta del Cosenza e non ho esitato un attimo ad accettare e a firmare il contratto. Sin dai primi giorni, ho cercato di giocare le mie carte, con dedizione e tanto impegno, determinato come i miei compagni a far bene e a portare in alto il Cosenza, come stiamo facendo ancora oggi. Il campionato ancora deve finire, ci sono tanti punti a disposizione e io ringrazio il mister per la fiducia accordatami, sperando di ripagarlo al meglio con le mie prestazioni in campo. L’impatto con la squadra è stato subito positivo, sono un ragazzo socievole e ho immediatamente legato con tutti; è un gruppo splendido e mi sento davvero a casa.
Il Cosenza si trova all’ottavo posto in classifica con 44 punti e con alle spalle la vittoria contro la Juve Stabia. Come state affrontando questo momento? Quali obiettivi vi siete prefissati?
Il nostro obiettivo è chiudere bene questo campionato, cercando di portare a casa punti preziosi, per poi fare del nostro meglio ai playoff, consentendo così al Cosenza di approdare in Serie B, realizzando un sogno per noi giocatori e per l’intera città.
La prossima gara vi vedrà impegnati nel derby contro il Catanzaro. Come state preparando questa sfida?
Ci stiamo preparando bene, abbiamo alle spalle tre risultati utili consecutivi e siamo pronti a scendere in campo per fare del nostro meglio, sostenuti dall’appoggio dei tifosi. Siamo motivati e determinati a ottenere i tre punti, che consentirebbero al Cosenza di vincere dopo quarant’anni il derby contro il Catanzaro.
Quale squadra avversaria e quale giocatore ti hanno colpito maggiormente per le loro qualità?
Mi hanno colpito di più il Lecce e il Catania, seguite dal Trapani. Si sapeva sin dall’inizio che erano tre squadre notevoli e non hanno deluso le aspettative. Come giocatore avversario, mi è piaciuto particolarmente Saraniti, l’attaccante del Lecce. È un giocatore completo: ha il fisico, il tiro, il colpo di testa e ha anche una buona corsa per essere una punta centrale.
Quale ritieni sia stata la tua partita migliore o più bella con la maglia del Cosenza?
Quest’anno penso di aver fatto cinque-sei prestazioni davvero buone, però quella che mi ha dato l’emozione più forte è stata contro il Monopoli in casa. Non riuscivamo a vincere la partita e il mio gol su colpo di testa, appena entrato in campo, è stato decisivo.
Quale ritieni sia il tuo punto forte e quale l’aspetto sul quale devi ancora lavorare?
I miei punti forti sono principalmente la velocità e la potenza, mentre devo lavorare soprattutto sull’ultimo passaggio e sul sinistro, perché a volte faccio delle giocate con il destro che potrei fare più facilmente di sinistro. Devo allenarmi costantemente e sono davvero determinato a migliorare, dando sempre il massimo negli allenamenti e in campo.
Cosa ci dici, invece, dell’esperienza con la maglia della Nazionale?
Ogni volta che ho indossato quella maglia è stata sempre un’emozione fortissima. Tra i ricordi più belli, posso menzionare sicuramente l’Europeo perso ai rigori contro la Russia in finale o ancora i Mondiali a Dubai.
Da piccolo sognavi di diventare ballerino di danza classica. Avresti intrapreso questa strada, quindi, se non fossi entrato nel mondo del calcio?
Ho fatto danza classica per tre anni, esibendomi anche in tre saggi al San Carlo; da piccolo amavo particolarmente la danza e ballavo con passione. All’età di 11 anni ho dovuto scegliere tra il ballo e il calcio e ho scelto il secondo, perché era il mio amore più grande e non me ne pento sicuramente.
Infine, qual è il tuo sogno nel cassetto?
Il mio sogno è vincere i playoff con il Cosenza, è il mio (il nostro!) obiettivo più importante per ora. Per il resto si vedrà, non penso tanto al futuro, preferisco dedicarmi a ciò che posso raggiungere adesso. Non ti nego che sarebbe bellissimo poter indossare di nuovo un giorno la maglia della mia città, ma sono realista e per ora voglio pensare a quello che posso e devo fare oggi concretamente per il Cosenza.