Home » L’ennesimo anno zero

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Non ce ne vogliano Real Madrid e Juventus, anche se a onor del vero questo giorno è tutto loro. Appassionati, tifosi e addetti ai lavori (noi compresi) avranno modo di parlare della finale di Champions League nel pre e nel postpartita, analizzandola da ogni angolazione, in ogni singolo dettaglio, in tutti i duelli.
Ci scuseranno perché decido di parlare, nel secondo editoriale della settimana dedicato al basket (ma stavolta nostrano) entrato nel periodo caldo dei suoi playoff a ogni latitudine, di un’altra finale. Quella che non farà l’Olimpia Milano, eliminata ieri sera dalla corsa scudetto, sconfitta per la quarta volta in pochi giorni da un’Aquila Trento che ora può veramente sognare.

Ma quello dei trentini non è un sogno, tutt’altro. È un progetto solido, che parte da lontano e si è evoluto in una pallacanestro seria, di squadra, da parte di una squadra che gioca bene e si conosce. Squadra molto fisica e ben messa in campo dal suo coach Maurizio Buscaglia, fantastico quarantottenne in carica dal 2010 (mica una brutta cosa la continuità…).
Nata dalla fusione di Dolomiti Sport B.C. Trento e Pallacanestro Villazzano, all’epoca entrambe in Serie D (la Promozione di calcio, pressapoco), la società ha compiuto anno dopo anno una scalata irresistibile: dalla D alla C2, per poi entrare nei campionati interregionali e poi trovare la B2 (che belle le vecchie denominazioni, correva l’anno 2004-05…), lo stesso anno del canestro di Ruben Douglas all’instant replay in Milano-Fortitudo. Messa in bacheca la Coppa Italia di Serie C Dilettanti, nel 2009 arrivò l’esordio ai playoff per la Serie A Dilettanti e il resto è storia recente. Rilevato il titolo di Lumezzane e affrontata la terza serie nazionale con alla guida un mostro sacro come Vincenzo Esposito, il club non s’è più fermato: promozione in in Legadue nel 2012, massimo campionato nel 2014. E ora la finale, in un’ascesa più rapida anche di quella di Sassari e altre realtà in crescita.

Detto di Trento, bellissima protagonista della maratona di postseason al pari di Venezia e Avellino (oggi una splendida gara 5), un po’ preoccupano le dichiarazioni del presidente meneghino Livio Proli («Arrivati ai playoff non preparati dal punto di vista psicofisico, il motivo lo sappiamo, ma preferiamo non metterlo sui giornali. C’è stato l’impegno di tutti, nessuno si è tirato indietro, ma siamo arrivati scarichi») e probabilmente l’attuale formula dell’Eurolega non ha aiutato. Questo girone unico integrale – un campionatone durante il campionato, sempre contro avversari top – ha sfiancato l’Olimpia, quasi sempre sconfitta e tuttavia chiamata a essere intensa a ogni singola palla a due. Perché gli schiaffi non piacciono a nessuno e la piazza mugugnava, chiacchierava, stanca e disillusa, ko dopo ko.
Ecco: non sono sicuro che questa Milano sia degna di questa Eurolega o che, soprattutto, questa Eurolega sia in grado di aiutare la squadra. Intanto è fuori dal campionato e, insieme alle continue umiliazioni a livello continentale, la stagione può dirsi fallimentare. Nonostante la Coppa Italia, che aveva illuso rivelandosi un fuoco di paglia: Milano anno zero, l’ennesimo.